YZ Racconta Amazone | Ho Cercato Le Guerriere Del Passato Per Parlare A Quelle Del Futuro

Nell’odierna Repubblica del Benin viveva un tempo un reggimento femminile di combattenti, le Amazzoni del Dahomey, donne protette dal Re in persona. Scelte e arruolate per le loro fisicità robuste e prestanti, erano socialmente equiparate agli uomini. Guerriere senza paura che decapitavano i nemici francesi durante gli anni della prima guerra franco-dahoméenne.

L’atista francese YZ Yseult (YZ si pronuncia eyes) ha reso omaggio a queste figure epiche attraverso un progetto realizzato in Senegal a gennaio: i volti delle guerriere di allora, stampati su leggerissima carta di soia, sono stati simbolicamente affissi sulle pareti delle abitazioni, delle cucine e nei posti in cui si svolge la vita delle donne di oggi, integrandosi con quei paesaggi domestici e con i loro supporti.
Abbiamo chiacchierato con YZ per saperne di più.
GRIOT: Riscrivere la storia sulle pareti, restituire la memoria a un popolo, essere d’ispirazione per le donne africane: Amazone è un progetto di arte pubblica ma anche una campagna sociale che mira a tutto questo. Qual è stata la reazione delle donne senegalesi?
YZ Seult: “Un popolo che ha la memoria corta è un popolo senza avvenire” – David Gakunzi.
Che sia o meno l’Africa, abbiamo il dovere di conoscere il nostro passato, di sapere chi siamo, per poter costruire noi stessi, conoscere le nostre sconfitte così come le nostre vittorie. L’Africa sta vivendo uno sviluppo molto rapido ed è importante che possa ispirarsi a donne e uomini che hanno rappresentato la forza di questo territorio.
Per quanto riguarda “Amazone”, l’interesse manifestato dalle persone, dai passanti che si avvicinavano, è stato molto evidente. Sia donne che uomini erano curiosi di conoscere la storia di quelle donne ritratte sui muri e di sapere i loro nomi.
Tuttavia questa serie di ritratti è effimera, essendo realizzati su carta. Quel che rimarrà sarà una fotografia dell’opera nel suo contesto naturale, e in seguito potrà essere diffusa, condivisa. Alla fine credo sia il media in grado di raggiungere il più ampio numero di persone ed è proprio in quel preciso momento che ho avvertito un reale interesse per le Amazzoni e compreso l’importanza che avrebbe avuto la loro storia per donne e uomini, a prescindere dalla loro sensibilità o meno alla cultura africana.
Questo progetto mostra un’Africa forte, dignitosa, coraggiosa e soprattutto femminile, diversa rispetto all’immagine spesso veicolata dai media occidentali.
La relazione intima che hai con gli spazi si instaura attraverso la street art, in particolare attraverso lo stencil, tecnica che utilizzi di più. Che rapporto hai con l’Africa, e di conseguenza, con le superfici su cui scegli di intervenire?
La prima volta che sono venuta in Africa, più precisamente in Senegal, era per viverci un anno. Avevo vent’anni. Quel viaggio era legato anche a una ricerca identitaria che sognavo di fare da tempo. Oltre ad essere anglo-francese, mio nonno era guadalupiano. In seguito ho viaggiato in molti paesi dell’Africa.
La cultura ancestrale di questa terra mi ha ispirato molto e mi ha aiutato a costruire me stessa. Anche il ruolo rivestito dalle donne nella società è stata una grande fonte di ispirazione. Penso che rappresentino la forza e l’avvenire di questo continente.
Così la scelta delle superfici per il progetto “Amazone” è stata abbastanza intuitiva. Molte cucine sono gestite da donne. Ci vendono il pane e allo stesso tempo fungono da ristoranti, abitazioni, etc. Ho quindi ritenuto che quei muri fossero piuttosto appropriati per il progetto.
Un modo di valorizzare la storia di quelle donne che hanno lasciato un segno nella storia e allo stesso tempo la vita delle senegalesi di oggi. Il supporto su cui lavoro deve assolutamente essere in sintonia con il soggetto che andrò a trattare. In un certo senso è per questo che utilizzo carta di soia, perché fa intravedere la materia di cui è fatto il supporto e quindi la storia stessa del supporto.
Amazone sembra quasi la naturale continuazione di un tuo vecchio progetto legato alle donne di Guadalupe, “Back to the roots”. Stai preparando altri progetti dedicati alle donne?
C’è una continuità nei progetti che realizzo. Sono scelte definite dalla mia storia personale, quindi ciò che scrivo. In effetti Back to the roots fa parte di quella serie di progetti che valorizzano la nostra cultura. Amazone parla delle donne in Africa ma è un progetto che può essere adattato a qualsiasi altro paese.
In generale, sono le donne a ispirarmi molto. Che siano di un altro secolo o dei giorni nostri. Il loro combattere, il loro coraggio, la loro esperienza mi accompagna nelle mie scelte di vita, nelle mie convinzioni e un giorno spero che questo tipo di progetti servirà a comunicare questi valori.
È stato complicato realizzare le opere, ti sei dovuta nascondere?
È da tempo che non mi nascondo più quando realizzo le mie installazioni per strada. Quando incontri le persone puoi parlare con loro del progetto e coinvolgerle. Per questo ho incontrato molte donne. A volte, in alcuni quartieri, le reazioni potevano far sorgere delle polemiche ma in generale gli abitanti sono stati molto disponibili verso il progetto sin dal momento in cui ho spiegato loro in cosa consisteva e quali fossero gli obiettivi e le intenzioni.
Credits | YZ
YZ art
– di Virginia Marchione
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