Seduced By The Charms Of A Mistake | In Conversazione Con Al Hassan Issah
Seduced by the Charms of a Mistake è il titolo della prima personale di Al Hassan Issah alla Nubuke Foundation, Accra, in mostra fino al 12 marzo 2022. La pratica di questo giovane artista di Kumasi spazia dalla pittura alla scultura, alla architettura, alla lavorazione dei metalli e non solo. Per questa occasione, Issah ci parla della mostra, del suo processo creativo e di come l'attivismo si leghi al suo lavoro.

GRIOT: Qual è la tua idea di pittura e in che modo gli oggetti che crei si relazionano allo spazio in cui sono esposti? In che modo il tuo lavoro può creare spazio invece che occuparlo?
Al Hassan Issah: Il mio lavoro sfida l’idea della pittura tradizionale su tela; è un punto di partenza per indagare. A un certo punto della mia vita, ho iniziato a sentire come se i disegni a carboncino su tela fossero troppo piatti. Ho sentito il bisogno di andare oltre i disegni, costruendo oggetti nello spazio, in altre parole, facendo disegni fisici.
Il dipinto diventa una forma, un oggetto che condivide lo spazio con il visitatore. È una scultura che lavora con un’idea di trasparenza: attraverso di essa, puoi vedere. Richiede qualcosa che va al di là dell’intervento ottico e ti costringe a un impegno fisico: puoi camminarci intorno, dentro o fuori. Il mio processo di creazione inizia con il recupero di materiali riciclati che vanno dall’alluminio al legno, dall’acciaio ai tessuti. Questi vengono poi riassemblati a nuova vita, attraverso un lavoro di collaborazione con diversi artigiani.


Ogni volta che viaggio, scatto foto di cose che trovo interessanti, per poi rielaborarle in simboli astratti. I “disegni in metallo” che produco sono il risultato di questo processo di raccogliere cose da diverse esperienze passate per dare vita a nuovi pezzi. Ogni singola opera d’arte è ispirata da un colore che ho visto in città—sono affascinato dall’idea di portare l’energia e i colori all’interno dell’ambiente costruito nello spazio della galleria e indagare come i nuovi materiali stiano contribuendo a formare il paesaggio.
La mostra svela un interesse per la miscellazione, gli strati e diversi media. Qual è il legame tra le bandiere sparse nel giardino, il paesaggio sonoro e i tuoi disegni in metallo?
Proprio come nella musica, c’è un certo flusso che trovo nel mio lavoro. Anche se ci possono essere diversi oggetti all’interno dello spazio, c’è qualcosa, come un ritornello in una canzone, che collega ciascuno di loro. Ma direi che la trama e l’applicazione della vernice sono ciò che legano le mie opere d’arte. Le 400 bandiere all’esterno sono la rappresentazione di un chiosco, un container o un edificio in cui mi sono imbattuto. Ho deciso di collocarle all’aperto per studiare l’impatto della natura nel tempo. Sono costantemente in crescita in qualcosa di interessante. Al contrario, le bandiere posizionate all’interno rimangono statiche.


Mi interessava svelare una certa idea del potere che una bandiera può detenere. Le bandiere di solito sono posizionate notevolmente in alto, e in contrapposizione ho scelto di metterla ad altezza umana, di renderle accessibili. Sono attratto dall’idea di avere il pubblico che interagisce attivamente con la mia arte, smantellando la sacralità spesso associata all’opera d’arte esposta. Per lo stesso motivo, alcune delle bandiere sono posizionate fuori dal confine della proprietà, lungo la strada che porta alla galleria, per entrare in contatto con le persone della zona che non sarebbero necessariamente in visita a una mostra.


Le opere di metallo sono parte di un’indagine in corso, quasi un’ossessione che ho per cancelli e balaustre. Li abbozzo e documento durante i miei viaggi, prestando attenzione a come le forme cambiano all’interno di spazi diversi. Il paesaggio sonoro è una raccolta di suoni registrati durante il processo di realizzazione dell’opera: saldatura, molatura, levigatura, taglio e martellatura. Poi, un amico ingegnere del suono, ha lavorato attorno al suono per creare la musica fatta dagli errori, che gioca con il titolo della mostra: seduced by the charme of a mistake [sedotto dal fascino di un errore…]


A proposito di errori, come suggerisce il titolo della mostra, questa parola sembra importante nella tua pratica. Potresti parlare del tuo concetto di fallimento e di come può essere un fattore generativo piuttosto che distruttivo?
Il titolo della mostra l’ho mutuato da una canzone che amo della band Late Night Jazz. Uno degli elementi chiave della mia pratica è la trasformazione di qualcosa non più in uso in una nuova forma. Il mio lavoro consiste nel creare combinando materiali dismessi che in qualche modo potrebbero essere visti come errori.
Quando parli della tua arte, ti riferisci spesso al pronome noi. Qual è il rapporto/lo scambio tra te e le altre figure che partecipano al tuo processo?
Non sono un mago, collaboro con molte persone. Qualcosa che è particolarmente importante nella mia pratica è il modo in cui porto il contributo degli artigiani con cui interagisco nel lavoro. Non è mai un progetto individuale ma il risultato di sforzi congiunti. Di solito collaboro con falegnami, saldatori e fabbri.

Sebbene fossi molto interessato a imparare da loro, e a lavorare con le loro forme, ero anche interessato a insegnare loro quello che so. È come l’osmosi, è uno scambio reciproco di apprendimento e disapprendimento, un laboratorio in cui ci sfidiamo costantemente l’un l’altro. Questo aspetto è diventato importante nella mia pratica. Non si tratta solo di commissionare il lavoro che ho immaginato nella mia testa, piuttosto lasciarli con una comprensione di ciò che stanno facendo. Alcune delle collaborazioni che ho avuto, le onoro attraverso i titoli di alcune opere. Dedico questa mostra anche ad Al Haji Ibrahim, che è il fabbro con cui ho lavorato. È venuto a mancare nel 2021, mentre il lavoro era in produzione.

Sei molto attivo all’interno della tua comunità, soprattutto in termini di esporre le/i bambinз vulnerabili all’arte. In che modo il tuo attivismo alimenta la tua pratica?
L’importanza dello scambio di conoscenze è cresciuta in me al punto che è qualcosa che cerco costantemente. Durante il lockdown, in cui eravamo tuttз costrettз a restare a casa, ho deciso di organizzare dei laboratori per le/i ragazzз che abitavano nel mio compound. Anche dopo la fine del lockdown, le/i ragazzз ragazzз hanno continuato a cercare questa esperienza di apprendimento, che mi ha convinto a investire nella creazione di una struttura permanente.
Ho convertito lo studio in cui lavoravo in una biblioteca e lo spazio ancora oggi è utilizzato da ragazzз dai 6 ai 18 anni. Di tanto in tanto, organizziamo workshop con pittori e registi, che vengono espostз a cose che altrimenti non avrebbero sperimentato.
Invece di passare il tempo fuori la scuola, vieni in biblioteca e sperimenta diverse forme d’arte. Le/I più adultз si prendono cura dellз più giovani. I progressi che hanno fatto negli ultimi anni sono notevoli, al punto che per alcuni di loro è diventata una fonte di reddito.
Visita Al Hassan Issah
Questo articolo è disponibile anche in: en

GRIOT
Condividere. Ispirare. Diffondere cultura. GRIOT è uno spazio nomadico, un botique media e un collettivo che produce, raccoglie e amplifica Arti, Cultura, Musica, Stile dell’Africa, della diaspora e di altre identità, culture e contaminazioni.