Rainbow Riots | Artiste Africane E Caraibiche Fanno Musica Contro L’omofobia E La Transfobia

“Immagina che la tua esistenza sia un crimine e che la polizia e le autorità ti perseguitino e tu venga linciato per il solo fatto che tu esista. Questa è la realtà delle persone LGBTQ in molti paesi nel mondo e Rainbow Riots è un movimento nato per lottare per la libertà contro la tirannia.” Sono queste le parole del fondatore di Rainbow Riots, Peter Wallenberg, compositore e produttore svedese che ha avuto l’idea di mettere insieme diverse voci queer provenienti da contesti e paesi in cui essere LGBTQ significa persecuzioni, isolamento e pene giudiziarie.
Rainbow Riots vede insieme principalmente artist* african* e caraibic* che provano a contrastare l’isolamento favorendo la costruzione di reti di solidarietà per i loro diritti.
Non è difficile immaginare come sia forte l’impatto che tali creazioni hanno in contesti come l’Uganda, dove chi sfugge dal binarismo di genere si scontra con reazioni violente, aggressioni, attacchi, fino ad arrivare alla morte, come è successo all’attivista ugandese David Kato, ucciso nel gennaio del 2011. Condizione, inoltre, che provoca una sovraesposizione delle persone interessate, le cui segnalazioni in foto su giornali le vedono rappresentate come se fossero i peggiori criminali. Attacchi mediatici, ma soprattutto fisici, da parte della popolazione più conservatrice e della polizia, e pene che raggiungono i 14 anni di detenzione.
Le leggi transfobiche e repressive contro la comunità LGBTQ sono una realtà che colpiscono attualmente un numero significativo di soggettività non binarie in diversi paesi, mettendo a rischio le loro vite. Come viene denunciato in un’intervista da Bad, di Rainbow Riots Uganda, gli attacchi e l’espulsione dalla scuola portano molte volte le persone trans al lavoro sessuale mettendoli così ad un alto rischio di contrarre malattie in un contesto in cui l’accesso ai servizi di salute viene loro negato a causa delle discriminazioni. È da questi contesti che però nascono anche delle pratiche di resistenza che vedono artiste e musiciste opporsi al preconcetto attraverso la musica e l’arte, contesti in cui anche il passato coloniale ha contribuito a consolidare il “modello eterosessuale”.
Il progetto Rainbow Riots nasce nel 2012 prima in Svezia, e dal 2015 è registrato anche in Uganda come una proposta di sensibilizzazione, dentro e fuori i contesti di appartenenza—vista la circolazione virtuale dei video—al cui interno troviamo artiste dell’Uganda, del Malawi, della Giamaica e del Sudafrica.
L’obiettivo principale è quello di parlare alle soggettività marginalizzate ed è chiaro il tentativo di rafforzare i diritti dei soggetti LGBTQ in un’ottica transnazionale, non solo denunciando le condizioni di sofferenza ma, soprattutto, promuovendo attraverso la musica uno spazio di presa di coscienza e di sensibilizzazione.
Va detto inoltre che il progetto ha anche organizzato una raccolta fondi per le vittime della strage di Orlando nel 2016 in cui vennero uccise più di 50 persone in un locale gay.
L’album del 2017 comprende 12 tracce, ognuna delle quali si presenta come una storia diversa, una fusione di resistenza e creatività. Tra gli artisti troviamo Mista Majah P (Jamaica), Brayo Bryans (Uganda), Sivan (Uganda), Kowa Tigs (Uganda), Umlilo (Sudafrica) e Ivy B(Malawi).
Alcuni artisti hanno deciso di rimanere anonimi per evitare ritorsioni e attacchi nei contesti in cui vivono. Un album che vede al suo interno voci di talento, un fiume di parole scritte e cantate da coloro che vivono costantemente sotto attacco dell’omofobia, della transfobia e del giudizio.
Il primo singolo, Equal Rights, fa parte di una campagna ufficiale di sensibilizzazione nell’ambito degli Obiettivi Globali delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile realizzata nel maggio del 2017.
Su riddim giamaicano e stile raggamuffin canta Mista Majah P le cui liriche sembrano essere una richiesta di diritto all’amore per tutti, un contrasto piacevole per chi è abituato a sentire cantanti come Elephant Man, Sizzla Kalonji, o altri artisti reggae che in passato hanno attaccato nelle loro canzoni le persone LGBTQ.
Sound coinvolgente, beat afrodance e cori in lingua chewa: è così che si presenta Ivy B che, sulle note di Stand Up For Your Rights, ci invita a ballare ad essere libere e a rivendicare spazi in cui non nascondersi, un grido di una combattente della libertà; la dimensione linguistica messa al centro da Ivy B con l’uso delle lingue nazionali, alternato all’uso dell’inglese, sembra la volontà di radicare tale discorso al proprio contesto.
“Nessuno fermerà il nostro amore”, è il messaggio centrale di Freedom.
Umlilo è l’artista sudafricano che ci porta invece su sonorità elettro-rap in una ulteriore celebrazione della diversità e dell’amore e della rivolta arcobaleno con Mad as Hall, in collaborazione con Stash Crew.
Pride e Prejudice è la storia dell’orgoglio e del pregiudizio in Uganda, ovvero la storia di coloro che vorrebbero tornare ad essere bambini di nuovo e ricevere amore, corpi spezzati il cui sogno di volare via, verso una terra libera, e la possibilità di non essere condannati e giudicati, è troppo grande per rimanere solo un sogno.
L’album intero è disponibile su Spotify e vi consigliamo vivamente di ascoltarlo! E potete acqusitarlo su ITunes.
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Francesca De Rosa
Con la testa tra le nuvole, vivo tra Napoli e Lisbona. Appassionata di musica, i miei interessi sono rivolti agli studi culturali africani, alle arti visive, al cinema e alle letterature, con uno sguardo di parte alle produzioni femminili.