Pnksand | Soul Elettronico Dal Sound Internazionale

di Claudia Galal - Pubblicato il 18/03/2019

La routine della mia domenica pomeriggio è piacevolmente interrotta dall’appuntamento telefonico con Chantal Saroldi, anima del progetto Pnksand. Mentre a Milano è già piena primavera, il cielo sopra Berlino è grigio e piovoso, ma la voce della cantante e musicista savonese arriva alle mie orecchie luminosa e suadente, proprio come quando la ascolto nei suoi brani. Da pochissimo è uscito il singolo Thinkin’ Bout Me, che era stato preceduto da Happily Ever After e dalla cover Gypsy Woman di Crystal Waters.

Nata in Tanzania, Chantal è arrivata in Italia in quarta elementare, dopo aver vissuto a Taipei. Il passaggio dalla metropoli caotica a Savona, città di suo padre, non è stato semplice, soprattutto a ripensarci da adulta, ma altrettanto difficile è stata la decisione di trasferirsi a Berlino, qualche mese fa.
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GRIOT: Qual è stato il percorso che ti ha portato fino a Berlino?

Chantal Saroldi: Vivevo un periodo di frustrazione sul piano musicale, non tanto per la scena, ma proprio per me come artista. Mi sentivo di non crescere, invece era l’unica cosa che desideravo. Dopo una banale ricerca su internet per trovare una situazione che mi facesse migliorare nella scrittura e nella produzione, ho individuato una scuola di produzione elettronica a Berlino. Era marzo dell’anno scorso, nel giro di una settimana ho deciso di partire, anche se poi mi sono effettivamente trasferita a settembre per l’inizio dei corsi. Vivo a stretto contatto con tanti dj e produttori, con i quali cerco di contaminarmi per imparare il più possibile. Il mio obiettivo è trovare la mia idea di suono e acquisire i mezzi per raggiungerla.

Quindi di solito produci e scrivi tutto da sola, mentre il progetto Pnksand coinvolge anche altri musicisti. Come lo definiresti?

Sono abituata a scrivere, comporre e produrre tutto da sola, ma la produzione del progetto Pnksand coinvolge anche un’altra persona, il batterista e produttore Nicola Arecco. La scrittura è interamente mia, mentre la produzione è un lavoro condiviso.

Il nome Pnksand nasce da un luogo della mente. È il posto nel quale mi immagino di andare, quando sono particolarmente stressata, il mio angolo della creatività, una spiaggia con la sabbia rosa. Nonostante la scrittura sia espressione di me stessa, questa volta non volevo che comparisse il mio nome per mettere in primo piano soltanto le canzoni. È vero che Pnksand mette in evidenza il mio mondo musicale, ma è altrettanto vero che questo progetto ambisce con tutte le forze a essere contaminato da altri. Non è importante che il mio nome sia in primo piano, ma è fondamentale l’idea alla base del progetto: un continuo work in progress che assorbe influenze e contributi anche di altri artisti.

Facciamo un passo indietro nel tuo percorso: come sei arrivata a fare musica?

Me lo chiedo spesso anch’io… Da bambina la musica era uno sfogo per mille motivi personali: non sono mai stata brava nella comunicazione a parole e la musica era il mio modo di esprimermi. È stato un incontro casuale e fortuito, ma a un certo punto mi sono resa conto, anche con un pizzico di rammarico, che io so fare solo questo. È la cosa che faccio continuamente: appena ho un secondo mi metto al piano e scrivo, ascolto perennemente musica, ogni secondo della mia giornata è pieno di musica. Forse è stata una scelta o forse, semplicemente, non posso evitare di fare musica. L’unica cosa che so è che, oltre a fare musica, voglio avere una mia personalità, voglio dire la mia cosa. Per assurdo, il progetto Pnksand è nato in un periodo nel quale pensavo di aver chiuso con l’idea di fare la mia musica. Mi ero laureata al Conservatorio e insegnavo, ma non me la sentivo di mettermi in gioco con musica che fosse mia, perché mi pareva di non avere nulla da dire. E invece da quel momento ho ricominciato a scrivere.

Nella pratica come nasce la tua musica?

Proprio come quando ero ragazzina, la mia musica nasce come sfogo, come una sorta di flusso di coscienza. Solitamente apro Logic oppure una tastiera o una drum machine, e comincia tutto da lì. Suono e parola vengono insieme. Quando ho un pensiero che non so verbalizzare, allora apro il computer e su una sequenza di accordi inizio a cantare. La forma testuale arriva già abbastanza definita, o almeno il concetto chiave, poi chiaramente si sistema, si lima, si migliora, si corregge. È una scrittura intimista, perché nasce dall’esigenza di scavare dentro me stessa.

Per quanto riguarda Pnksand, invece, partendo da una serie di canzoni salvate sul mio computer, mi sono messa a lavorare con due musicisti, il produttore e batterista Nicola Arecco e il bassista Davide Medicina. Ci siamo incontrati a casa mia e abbiamo dato una forma nuova a quei brani.

È difficile lavorare con altre persone, considerando che la musica per te è espressione di te stessa?

Devo ammettere di avere avuto fortuna nell’incontrare nel mio percorso Nicola e Davide, perché tutti e tre condividiamo più o meno gli stessi ascolti – per esempio, Frank Ocean, Daniel Cesar, Moses Sumney – e ci siamo trovati a perseguire una stessa idea di suono. Sono entrambi musicisti incredibili e con una grande sensibilità, corrispondono alla mia volontà di cercare persone che vogliono e possono dire qualcosa, a prescindere dalla capacità tecnica. Quello che avviene fra noi è una conversazione in musica, anche se – non lo nego – il momento nel quale faccio ascoltare le mie cose a qualcuno per la prima volta è sempre molto difficile. È come aprire il mio diario segreto e leggere i miei pensieri a voce alta, ma una volta superato questo scoglio psicologico, diventa anche molto divertente.
griot mag Pnksand chantal saroldi-2Negli anni ho anche imparato che spesso sono gli altri a darmi la forza di fare cose nuove, perché io stessa rappresento il più grande ostacolo alla mia evoluzione artistica. Sono molto grata a Nicola e Davide, perché mi spingono ad andare oltre la mia comfort zone, a superare gli ostacoli.

I riferimenti che hai citato per il progetto Pnksand sono tutti nomi della scena contemporanea, eppure il tuo mondo vocale e musicale sembra trarre ispirazione anche dal passato. Che cosa ne pensi?

Ho ascoltato musica fin da bambina, ovviamente anche i grandi del soul e del jazz del passato. Ho sempre amato Billie Holiday, Nina Simone, Sam Cook, Marvin Gaye… Tuttavia, devo ammettere che questo progetto è nato anche perché, oggi, ho trovato una nuova scena che mi coinvolge emotivamente. Dal rap di Saba e Kendrick Lamar, al cantautorato di Moses Sumney, fino all’R&B di Frank Ocean, Kelela, Solange, tutto questo movimento musicale ha riacceso la mia voglia di fare musica per il presente. Non riesco nemmeno a capire quali riferimenti del passato si possano sentire nelle mie canzoni, ho persino paura ad accostarmi a certi nomi, ma sicuramente tra i miei ascolti del passato e le influenze che ritrovo nei miei ascolti attuali, è inevitabile che emergano certi riferimenti. Tra l’altro, Nicola, Davide e io prima facevamo parte di una band soul, quindi certi brani li abbiamo proprio respirati.

La cantante e cantautrice per eccellenza per me è Amy Winehouse. Mi ricordo proprio che a 17 anni ascoltai Frank e rimasi sconvolta: quello era il tipo di scrittura musicale che volevo riuscire a fare, al di là del genere e dell’arrangiamento. Quel modo di scrivere di scrivere testi e melodie, così orecchiabili eppure mai banali, mi accese il cervello e mi spinse a dire che anche io volevo provarci.

Oltre al concerto di Genova, avete già in programma diverse date a Berlino. È più facile suonare là?

Ci siamo esibiti a Berlino già diverse volte e abbiamo altre date in vista. Berlino ha una scena bella e aperta, è una città molto viva artisticamente, ci sono tantissimi locali che fanno musica live, in ogni bar si nasconde un piano di sotto che si trasforma in un club vero e proprio. Suonare in locali piccoli non è soltanto un ottimo modo per scoprire che effetto fa la tua musica su un pubblico nuovo, ma anche per entrare in contatto con altri musicisti.
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Berlino è una città dove puoi fare l’artista come lavoro. Cosa che, purtroppo, in Italia non è contemplata se non da un certo livello in poi. Considerando che io vengo da una realtà di provincia, come Savona, per me era tutto più difficile. Magari a Milano sarebbe stato diverso, non lo so, ma per ora sto bene a Berlino. Mi sembra che mi regali un respiro più ampio. In generale, è un periodo storico nel quale i giovani fanno fatica in quasi tutti gli ambiti, ci si deve inventare la propria professione. Per le giovani donne ancora di più. Ci vuole tanto coraggio per lasciare le proprie sicurezze e cercare nuove strade, visto che le incognite sono così tante.

La tua musica attinge molto dalla musica black, non sei attratta da altre città, come Londra o Bristol?

È vero, in un certo senso hai ragione. Mia sorella vive a Londra e, come sappiamo, la scena musicale è bellissima, soprattutto per nu-soul, jazz e cantautorato in generale. Ma ho fatto un discorso molto pragmatico: Londra ha tutto un altro costo della vita. Magari se riuscirò mai ad avere un progetto davvero consolidato, mi sposterò a Londra per provare a vivere di musica.

Per adesso sono in fase di esplorazione, per me è già stato importante partire. La scuola che frequento c’è anche a Londra, ma ho scelto di venire a Berlino perché volevo sperimentare e conoscere meglio la musica elettronica nelle sue mille sfumature. Londra sarebbe stata forse più affine a me come scena musicale, ma a Berlino posso provare a uscire dalla consuetudine dei miei suoni, contaminare il mio sound con qualcosa di nuovo. Spero che questo stia succedendo nella musica che sto scrivendo in questi mesi, mi auguro di riuscire a oltrepassare i miei confini.

In attesa che il progetto Pnksand prosegua il percorso di esplorazione intrapreso e raggiunga l’obiettivo a breve termine di pubblicare un ep, il pubblico italiano ha la possibilità di vedere dal vivo Chantal Saroldi, insieme al batterista Nicola Arecco, il bassista Davide Medicina e il chitarrista Samuele Puppo, il 24 marzo a La Claque di Genova, in apertura ad Ainè. Info evento qui.

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Immagine di copertina | Per gentile concessione di Chantal Saroldi e PNKSAND

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Metà italiana, metà egiziana, nata e cresciuta nelle Marche, passata per Bologna, adottata da Milano, lavoro nel campo della comunicazione e dei media. Scrivo di musica, street art e controculture, sono affascinata dalla contaminazione culturale a tutti i livelli.