Satanismo O Propaganda? Ecco L’arte Pubblica Che Sta Trasformando I Muri Dell’Iran

“Non puoi star sereno mentre fai arte e neanche quando esci di casa ti senti a tuo agio. Pensi sempre che qualcuno ti stia guardando o controllando. Sei in completa paranoia. L’arte è un crimine”, racconta CK1 nel trailer di Munity of Colours.
Il documentario, ancora in fase di realizzazione, e per il quale è stata lanciata una raccolta fondi attraverso Indiegogo, racconta in quattro episodi la vita di cinque street artist iraniani [CK1, Omet, Icy & Sot, Lady Green] e il loro tentativo di fare arte pubblica impegnata. “Qui in Iran se ti arrestano quando hai finito di dipingere su un muro, diranno che stai sostenendo la cultura occidentale o il satanismo, ma quello che facciamo noi è totalmente diverso. I nostri temi icludono i diritti dei bambini, la pace e l’amicizia. Non è quello che pensa il governo,”spiega Icy.


Oggi le autorità iraniane tollerano esclusivamente dipinti su muri finanziati dallo stato centrale. In pratica, come si può vedere nei primi minuti del trailer, si tratta di immagini che raffigurano i martiri della guerra Iran-Iraq o altre figure rivoluzionarie. “Non sono graffiti. Li chiamano murales. Sono legali. I lavori realizzati dagli street artist invece sono differenti,” spiega un uomo a CK1 mentre percorrono in auto le vie della città.
Tra gli artisti c’è anche Black Hand, conosciuto come il Banksy iraniano, i cui lavori spesso criticano la discriminazione di genere e il commercio legale di organi in Medio Oriente.
“Ho scelto la street art perché voglio controbilanciare il monopolio delle gallerie. La nostra classe di intellettuali e artisti sottovaluta e ignora il potere delle persone comuni,” racconta Blak Hand in un’intervista al The Guardian. “Preferisco che i miei lavori vengano visti da quelle stesse persone che non vengono prese abbastanza sul serio. Credo che i muri della città siano le tele naturali per i miei dipinti. La città è la più grande galleria che esista e si riesce a raggiungere un numero incredibile di persone”.





Nel film, tutti i personaggi hanno voluto parlare alle telecamere con il volto coperto, indossando maschere per non essere riconosciuti dall’intelligence iraniana, visto che corrono costantemente il rischio di essere arrestati, incarcerati e anche condannati a morte per satanismo o propaganda anti-goverantiva.
Zeinab Tabrizy & Paliz Khoshdel, al loro secondo lavoro insieme [il primo è stato la realizzazione di un documentario di 38 minuti che racconta la storia dei giovani ragazzi e ragazze iraniani che hanno fondato il parkour in Iran – Street Sultans] sono a buon punto ma hanno bisogno di più fondi per poter completare il loro progetto. Potete sostenerli qui anche donando solo 1 dollaro.
Immagine in evidenza | MAD
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