Monsters è Il Debutto Discografico Di Anna Bassy

La cantautrice italo-nigeriana racconta se stessa e le proprie paure in un viaggio musicale tra soul, gospel e folk.

di Claudia Galal - Pubblicato il 15/10/2021
Anna Bassy. COURTESY

La voce di Anna Bassy, cantautrice veronese dal talento raffinato ma genuino, è di quelle che cattura al primo ascolto. Per questo Monsters, l’ep di cinque tracce che la presenta ufficialmente al mercato discografico, colpisce non solo per l’eleganza delle melodie e degli arrangiamenti, ma soprattutto per la sensazione di autenticità e le emozioni che trasmette.

Nata e cresciuta a Verona, Anna Bassy ha provato sin da ragazzina a dare forma musicale a pensieri, sensazioni e paure. Oggi, che è più matura e consapevole, affronta il bisogno di raccontarsi plasmando una materia sonora fatta di soul, pop, elementi folk e contaminazioni elettroniche, e mette in fila le tappe di un viaggio – ancora in corso – dentro e fuori di sé. In occasione dell’uscita di Monsters, l’abbiamo raggiunta per una lunga conversazione sulla sua musica, le sue canzoni e il suo mondo.

GRIOT: Quando e come ti sei avvicinata alla musica e al canto?

Anna Bassy: I miei ricordi musicali vanno così indietro nel tempo che mi sembra che la musica e in particolare quella cantata, sia nella mia vita da sempre. Ho fatto parte di vari cori, dal coro in parrocchia a quello della scuola, e poi per gioco mi esibivo insieme a qualche amica, obbligando i genitori a farci da pubblico. La musica era presente, anche se non in maniera strutturata, ma spontanea, naturale, a sottolineare momenti di vita. Lo studio è arrivato relativamente tardi. Ho fatto le mie prime lezioni di canto a diciotto anni, cioè non appena ho avuto un minimo di indipendenza, la patente e un lavoretto nei fine settimana.

Quando hai cominciato a scrivere le tue canzoni?

Qualche tentativo di scrittura c’era stato fin dall’adolescenza, e poi con qualche band con cui mi trovato in sala prove, ma il mio percorso si è sviluppato più in progetti di cover. Nel 2016 finalmente hanno cominciato a prendere forma i miei primi brani, e soprattutto hanno preso la forma che io volevo dare loro. E in quel momento si è fatto sentire anche il bisogno di condividerli.

Il tuo progetto musicale è molto personale, ti esponi con debolezze e paure. Come sono nate le canzoni di Monsters?

Alcune con “urgenza, scritte praticamente nell’arco di una giornata. Parole e melodie nascono insieme, sanno già cosa vogliono dire e il mio compito è solo quello di fare loro spazio. Altre invece un po’ alla volta, una frase o un verso ogni tanto. A volte le ho lasciate accantonate per mesi, anni, e mi sono decisa a riprenderle in mano solo dopo tempo. O meglio, non l’ho deciso io: a un certo punto mi sono tornate in mente, insistenti, ne ho capito il senso e la potenzialità. Ma quasi tutti questi brani sono nati per “curare”, e come dici tu sono molto personali e contengono tante delle parole e dei pensieri che normalmente non riuscirei a esprimere.

Anna Bassy. COURTESY

Qual è stata la tua principale fonte di ispirazione?

L’ispirazione è venuta davvero dalle domande che mi pongo tutti i giorni, dalle sfide che incontro nel quotidiano, sì insomma, dalla vita. Ecco perché dicevo che sono nate per curare. Perché sono lo strumento che ho per rispondere alle domande, anzi, ancor prima a formularle. E allo stesso modo mi aiutano a mettere a fuoco le mie fatiche, a dare un volto ai miei “mostri”. Non necessariamente a capirli e affrontarli, ma perlomeno a provare a guardarli in faccia, a definirli.

E poi le canzoni come hanno raggiunto la forma definitiva? Come sono nate le collaborazioni con i musicisti e Francesco Ambrosini, il produttore del disco?

Per molti di questi brani il lavoro è partito dalla sala prove, in realtà, dove abbiamo lavorato pensando alla dimensione live. La collaborazione con la band che è al mio fianco oggi —Pietro Girardi, Pietro Pizzoli, Andrea Montagner—è nata proprio in funzione del live. Nel 2018 avevo la mia prima demo in mano con tre canzoni inedite, e molte altre bozze nella testa, e volevo fortemente tornare a fare concerti. Sono riuscita a trovare delle persone che mi hanno sostenuta in questo percorso, hanno fatto crescere la mia musica e me, ci hanno creduto! Dopo un periodo intenso di live, abbiamo deciso di portare questi brani in studio e ci siamo affidati a Francesco Ambrosini, che conoscevamo per il lavoro che aveva fatto con altri progetti musicali veronesi e che stimavamo particolarmente. Sono grata di questo incontro. Monsters esiste oggi così com’è, anche grazie a lui.

Anna Bassy (voce) e Pietro Girardi (chitarra) sul palco di BELLAZ, 2021. Foto di Edoardo Meneghini. via facebook/AnnaBassy

Il tema dell’ep è la paura nelle sue molteplici forme: quali sono le tue paure e come provi a superarle?

Di paure ne ho tante, alcune più concrete, altre che hanno dell’irrazionale. Ma molte di queste possono essere ricondotte all’insicurezza: la paura di non essere abbastanza, di non fare abbastanza, di non valere abbastanza. Non tutte le paure si fanno riconoscere, ma il percorso sta anche in questo, scoprirle innanzitutto, chiamarle per nome. Sicuramente metterle in musica, scriverle, cantare le paure, aiuta proprio a definirle e affrontarle. Ma per provare a superarle è fondamentale anche chiedere aiuto; lo è stato per me, e lo è tuttora. Non voglio stare al buio da sola, vorrei qualcuno che mi tenesse la mano.

Quali sono le tue influenze più importanti? E qualз artistз consideri i tuoi punti di riferimento, anche al di fuori della musica?

L’adolescenza è il momento in cui ho cominciato a cercare la musica con consapevolezza, a comprare i primi cd e a non ascoltare solo passivamente quello che davano alla radio. E in quel momento mi sono messa anche alla ricerca della musica che più mi coinvolgeva, che più sentivo vicina. Sono finita quindi nel mondo della black music: hip hop, R’n’B, gospel, funk. Sicuramente da qui provengono le influenze che mi hanno segnata fino a ora. Alicia Keys, Lauryn Hill, Erikah Badu… Poi Ben Harper, Nina Simone e infine Ayo e Nneka, con le quali condivido le origini nigeriane e che mi hanno sempre colpita per la loro capacità di comunicare in modo semplice, diretto, ma così profondo, intenso, efficace. Ultimamente comunque, non ho dei veri e propri punti di riferimento, mi piace stare con occhi e orecchie (e cuore) aperti e raccogliere ispirazioni da chiunque me ne possa dare, che sia nella musica, nella letteratura, nella fotografia, nella vita quotidiana.

Le tue canzoni e le tue immagini sono spesso legate a elementi naturali: qual è il tuo rapporto con la natura e come lo vivi?

Sono nata e cresciuta in un luogo immerso nella natura, e per quanto da ragazzina sognassi di vivere in una metropoli, mi rendo conto ogni giorno sempre di più che il contatto con l’elemento naturale è essenziale per me. Lì è dove torno a respirare, dove la mente si apre, sarà perché gli spazi diventano più ampi, e c’è più posto per me, per i miei pensieri. Camminare in un bosco, stare vicina all’acqua mi porta a fare silenzio e stare in ascolto. E questo silenzio, fuori e dentro, mi riporta in equilibrio, mi permette di guardare le cose da un’altra prospettiva. Tocchi la corteccia di un albero e ti sembra di essere più radicata a terra. E poi suoni, rumori, colori sono pura ispirazione. Lì, percepisci la bellezza più chiaramente.

Anna Bassy. Foto via facebook/AnnaBassy

Intraprendere un percorso o una carriera vera e propria nel mondo della musica e dell’arte non è facile, soprattutto per una donna. Quali difficoltà e ostacoli hai incontrato? Ti è mai capitato di sentirti sminuita, fraintesa, sottovalutata, frustrata a causa di pregiudizi e stereotipi?

Penso che sia complicato, almeno lo è per me, riuscire a essere obiettivi, saper riconoscere i propri limiti, ma allo stesso tempo i propri punti di forza, in modo da capire quando un’opportunità ci viene negata, perché il progetto artistico non è valido o adeguato, o perché si è giudicati in base a chi si è esteriormente. Questo per dire che sì, mi sono sentita e a volte tuttora mi sento, sminuita, fraintesa, sottovalutata, frustrata, ma fatico a imputarlo al mio essere donna. Tendo piuttosto a pensare di non essere abbastanza capace, per tornare alle paure di cui parlavo prima. Ma in fin dei conti, questa mia sensazione può essere in parte ricondotta a una tendenza di pensiero che sta al di fuori di me. Basta guardare le line up di molti dei maggiori festival di questa estate, si nota subito la discrepanza in termini di rappresentazione. Ed è la stessa cosa che ho sperimentato in situazioni più piccole, per esempio in molti contesti in cui ho suonato nei mesi scorsi, dove a fronte di cinque band in line up, con in media tre o quattro elementi, le donne presenti erano in tutto un paio al massimo. E questo sicuramente non aiuta a costruire la percezione che il mondo della musica sia un posto dove siamo riconosciute, valorizzate.

Anna Bassy. COURTESY

C’è qualche artista, band o progetto musicale nella nostra scena musicale, a cui ti senti affine per genere, atmosfera, contenuti? E c’è qualcosa o qualcuno che semplicemente ti piace?

Ammetto di essere più attenta alla musica che viene da oltre i confini italiani. Fatico a trovare progetti affini, ma credo che la difficoltà stia più che altro nel riuscire a vedermi da fuori, e appunto a capire dove mi colloco musicalmente. Mi risulta molto più facile trovare affinità in merito ai contenuti, magari non tanto rispetto a quelli dei miei brani, ma piuttosto a quelli che cerco io nella musica degli altri. Mi vengono in mente, per esempio, Mannarino, Brunori Sas, e poi alcuni artisti che ho avuto l’opportunità di vedere dal vivo negli ultimi anni e che mi hanno particolarmente colpita per la loro forza comunicativa sul palco, come La Rappresentante di Lista, ma anche Alessio Bondì e Chris Obehi, che ho conosciuto e sentito live quest’estate e che ha un talento incredibile, così autentico.

Sei nata e cresciuta a Verona: com’è il rapporto con la tua città? Dove vorresti vivere altrove?

Alle volte ho avuto la sensazione che vivere a Verona mi togliesse delle opportunità, ma è comunque un luogo in cui sono fortemente radicata, dove c’è la mia famiglia. Però, quando mi è capitato di andare qualche giorno a Londra, fin da subito ho sentito un’aria più leggera. Libera da sguardi e giudizi. Tante volte a Verona mi sono sentita un “corpo estraneo” o percepita come tale. Mentre a Londra sei… chiunque tu sia, e va bene così. Sicuramente quindi Londra è un posto dove mi piacerebbe provare a stare, anche e soprattutto per la sua vivacità culturale e musicale. E anche qui c’è un pezzo della mia storia e quindi del mio cuore. E a proposito di storia e di cuore, mi piacerebbe provare a vivere anche in Nigeria, non ci sono mai stata, ma io sono figlia anche di questo Paese e vorrei che ci dessimo l’occasione di conoscerci.

Dunque, com’è il rapporto con le tue radici nigeriane?

Un po’ travagliato. Le cerco ma non sempre si fanno trovare. Del resto, è un rapporto che ho dovuto costruirmi da sola. Non ho contatti con la mia famiglia nigeriana e quindi questa parte di me la definisco a forza di tentativi. Però è un legame che non posso e non voglio ignorare. Sono in viaggio per riappropriarmene e riscoprirlo. A volte cercando ho decisamente sbagliato strada, molto spesso invece lo cerco proprio tramite la musica, i libri, le storie deglз altrз.

Programmi per i prossimi mesi?

Mi dedicherò alla promozione dell’ep, vorrei arrivare a più persone possibile (ovvio!). Abbiamo un po’ di concerti fissati per i prossimi mesi e spero che ce ne siano molti altri. Il live è una dimensione essenziale per me, un momento che, a dire il vero, temo e bramo allo stesso tempo, ma importantissimo per far evolvere la mia musica e io con lei. Ed è bellissimo e impegnativo e stimolante poter comunicare direttamente con chi la tua musica la riceve. E poi vorrei tornare in studio, ho alcuni brani pronti per essere registrati. Spero anche di riuscire a prendermi del tempo per scrivere, e riprendere le innumerevoli bozze di testi e le melodie sparse qua e là sulle note vocali del telefono.

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Claudia Galal
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Metà italiana, metà egiziana, nata e cresciuta nelle Marche, passata per Bologna, adottata da Milano, lavoro nel campo della comunicazione e dei media. Scrivo di musica, street art e controculture, sono affascinata dalla contaminazione culturale a tutti i livelli.