Manifesta Biennale | I ‘Giochi Senza Frontiere’ Di Marcin Dudek Riflettono E Frantumano Passato E Presente

di Johanne Affricot - Pubblicato il 13/06/2018

“La mia generazione, i nati alla fine degli anni ’70—sono nato nel 1979è una generazione di immigrati. Io vivo a Bruxelles. Nel 2004, quando la Polonia ha ufficialmente aderito all’Unione Europea, si sono aperti i confini anche per noi. In quel periodo abbiamo vissuto un momento molto delicato: solo in quell’anno circa 1 milione di polacchi lasciò il paese, alla ricerca di condizioni di vita migliori, proprio come succede oggi con queste persone che arrivano in Italia dall’Africa e dal Medio Oriente, ma era completamente differente e molto, molto più semplice per noi. Puoi immaginare l’impatto che un fenomeno del genere ebbe per il nostro paese. Avevo lasciato la Polonia già tre anni prima, nel 2001, e sono passato attraverso molte delle pratiche che ci sono oggi: la richiesta del visto, il controllo alle frontiere, le file interminabili al confine con la Germania, l’attesa di entrare, il tempo limitato in cui potevi stare in un paese. Naturalmente non era complesso e duro come adesso, oggi ho la fortuna di viaggiare liberamente, ma negli anni ’80, quando in Polonia c’era il comunismo, sì: le persone morivano nel tentativo di fuggire.”

A raccontarmi questo vissuto è Marcin Dudek, artista polacco nato e cresciuto a Cracovia che ho incontrato in una calda e nuvolosa mattina palermitana all’interno di Palazzo Mazzarino mentre installava la sua opera.
griot mag giochi senza_ frontiere marcin dudek manifesta aloisia leopardi johanne affricotUn vissuto che testimonia la ciclicità e l’immortalità di un fenomeno naturale, il migrare, che accomuna l’essere umano di ogni epoca e latitudine.

L’infanzia e adolescenza di Dudek sono state segnate da molta povertà, degrado e violenza. Assiduo frequentatore dello stadio sin da quando era piccolo, dall’età di 12 anni inziò quel percorso che lo portò agli apici di uno dei due gruppi di hooligan più violenti del paese, gli utlras del KS Cracovia. A 16 anni aveva già commesso—e vissuto—innumerevoli atti di brutalità in nome della sua squadra, ma a 19 anni, quando si rese conto che tutta quella violenza era diventata troppo estrema e all’ordine del giorno, decise di scappare, trovando in Austria un rifugio nell’arte.

In occasione di Manifesta 12, Dudek presenterà all’interno degli Eventi Collaterali della Biennale il suo progetto Giochi Senza Frontiere, a cura di Aloisia Leopardi e della galleria londinese Edel Assanti, un’installazione site-specific realizzata appositamente per il cortile di Palazzo Mazzarino. Un intervento artistico, mi ha raccontato, attraverso il quale tenta di affrontare il delicato tema delle migrazioni che la città di Palermo ha affrontato nel corso dei secoli, richiamando l’attenzione di chi andrà a vederlo sull’effetto che queste hanno prodotto sulla società.
griot mag marcin dudek manifesta biennale biennial palermo giochi senza frontiereGiochi senza Frontiere è una sorta di ironia di quello che sta succedendo ora nel mondo, in Europa. Il trattato di Schengen in un certo senso sta morendo. Quando questo gioco [Giochi Senza Frontiere] fu inventato e poi trasmesso in televisione, il concetto che passava era di libertà, di unione tra i paesi europei, mentre oggi viviamo in un’Europa che si sta chiudendo in se stessa. Viviamo in tempi in cui le statistiche sembrano monopolizzare il dibattito, io invece provo a spostare l’attenzione su altri concetti, cerco di umanizzare e universalizzare un tema che ci lega.”

È così, oggi stiamo tornando indietro. Le barriere mentali, prima ancora di quelle fisiche, sono i più efficaci avamposti eretti dalla politica, e trasmessi alle masse, per guadagnare consensi e dare una risposta alle crisi della nostra contemporaneità; per contrastare, bloccare e arginare “l’invasione” dei poveri, degli ultimi, degli indesiderati. L’empatia è il nemico pubblico da attaccare, criminalizzare e annientare, il benessere (quale?) è il fine a cui ambire. Il nemico è l’altro, il diverso, privato della sua umanità.

L’opera di Dudek è composta di diversi pezzi: un tornello (un elemento che è apparso spesso nei suoi lavori, simbolo di controllo meccanizzato della folla), simile a quelli che si trovano negli stadi, attraverso cui ogni persona è invitata a passare, e una scultura posta al centro del cortile del Palazzo. La scultura è fatta di pannelli di specchi che ruotano molto lentamente, riflettendo tutto l’ambiente circostante. Ogni pannello rappresenta simbolicamente i popoli che sono passati e si sono insediati a Palermo nei secoli. Quando il visitatore entra nel cortile, e passa attraverso il tornello, attiva un meccanismo che rilascia una sfera d’acciaio: questa, attraverso due percorsi, va a colpire gli specchi della struttura centrale frantumandoli. I due percorsi rappresentano i due diversi flussi migratori più importanti nella storia di Palermo: quello dei popoli germanici del V° secolo, e il più attuale, quello proveniente dall’Africa dei nostri giorni, con particolare riferimento ai paesi del Corno d’Africa.

Le modifiche che subirà la scultura durante le settimane di Manifesta rappresenteranno le trasformazioni vissute dalla città in seguito al passaggio e all’insediamento di popoli diversi che hanno portato con sé la propria cultura.

La riflessione di Dudek punta a questo: evidenziare che ogni passaggio ha inevitabilmente lasciato un segno indelebile sulla città, in alcuni casi con fenomeni di integrazione e arricchimento, in altri con risultati completamente opposti.

La preview di Giochi Senza Frontiere si svolgerà il 15-16-17 giugno (dalle 11 alle 19). Dal 17 giugno al 4 novembre sarà possibile vedere l’opera dal martedì al sabato (h:15-19) o su appuntamento. A Palazzo Mazzarino, via Maqueda 383, Palermo.

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Arti visive, performative e audiovisive, cultura, musica e viaggi: vivrei solo di questo. Sono curatrice e produttrice culturale indipendente e Direttrice Artistica di GRIOTmag e SPAZIO GRIOT, spazio nomade che promuove la sperimentazione multidisicplinare, l'esplorazione e la discussione.