Liberty Fairs E Born In The Usa | Sharifa Murdock Dice: “Siate Umili, Siate Affamati!’

Sharifa Murdock è una di quelle donne che dovete assolutamente conoscere. Trentasette anni, residente a Brooklyn, è la mente che insieme a Sam Ben-Avraham ha creato Liberty Fairs.
Sono due anni che la seguo e la sua sicurezza e il suo stile non passano inosservati. Così quando ho avuto la chance di poterla incontrare al Pitti Uomo 91 abbiamo parlato dell’importanza del mentoring, delle sfide da affrontare come giovane donna e nera nell’industria della moda maschile, di Black Lives Matter e di cosa dice Sharifa agli aspiranti guru della moda.

GRIOT: Sei tra i partner e co-fondatrice di “Liberty Fairs”, hai fondato “The Brooklyn Intern”, hai appena lanciato la tua agenda “Set the Tone Sharifa Says.” Sono una grandissima fan delle tue citazioni “Sharifa Says” e mi sembra che tu viva sempre su un aereo. Potrei andare avanti all’infinito. Come riesci a stare ovunque e a fare tutto?
Sharifa Murdock: Cerco di rispettare la mia tabella di marcia e ho trovato anche una sorta di mio equilibrio. Nel senso che provo a fare tutto ma non sono sempre ovunque. Cerco sempre di rendere le cose il più semplici possibile. Non voglio mettermi troppa pressione addosso e ti confesso che ho un bravissimo assistente [ride] quindi non è poi così dura.
Immagino che gestire le cose come fai tu richieda infatti molta disciplina.
Al 100%. Devi essere organizzato. È tutta una questione di organizzazione e questa è una delle ragioni per cui ho lanciato il mio notebook. Sto sempre a scriverci cose, tipo quando devo fare questo o quando ho bisogno di fare quello. Quindi sì, devi essere disciplinata e organizzata.

Come sei finita nell’industria maschile della moda?
In realtà ho iniziato proprio con la moda. Sam, il mio partner, aveva un negozio che si chiamava Atrium e lavoravo da lui da quando avevo 16 anni. E Atrium ai tempi era una cosa molto grande. Era incredibile. È stato uno dei primi negozi contemporanei di premium denim ed era il negozio dove tutti volevano lavorare. Voglio dire, lavorare ad Atrium era come lavorare per Gucci. Questo era il livello, davvero. Era stupendo.
Poi è successo che me ne sono andata via dopo il college e ho lavorato in alcuni negozi, tipo Louis Vuitton e in altri posti. Ricordo che c’era questa cosa che ci dicevamo sempre tutti quanti, “Una volta che hai lavorato per Atrium, ci finirai di nuovo.”
Quindi Sam mi richiama e mi fa: “Ascolta, tutti ritornano!” E io gli chiedo:“Che intendi per tutti? E lui mi risponde: “Intendo che tutti ritornano a lavorare qui.” E io gli faccio: “Eh, ho capito!” E poi lui mi dice: “Hey, abbi fiducia in me.” Torno e dopo tre settimane che ero responsabile di un negozio un giorno viene da me e mi fa, “Ho un nuovo progetto su cui sto lavorando, lo chiamerò PROJECT. È una fiera, una fiera di moda.” Ed eccoti svelato il modo in cui sono finita a fare quello che faccio. Avevo 23 anni e onestamente non avevo idea di cosa stessi facendo. Mi ha dato una chance e gli sono molto riconoscente perché senza di lui non sarei dove sono oggi.

Però hai anche studiato moda, giusto?
Ho studiato Fashion Merchandising and Buying. Sai, all’epoca c’erano solo questi corsi. Era tipo “sarai un designer” oppure “sarai un buyer.” Sì, alla fine sono queste le cose che ho studiato. E sono andata a scuola solo per tre anni. Ho un associate degree. Poi quando è arrivato PROJECT il mio mondo è cambiato.
Quindi mi stai dicendo che la cosa più importante non è stata il fatto che hai studiato ma che Sam abbia creduto in te?
Esattamente. Ha creduto in me e mi ha messo dentro un progetto così grande. Non so chi altri l’avrebbe fatto. È divertente. Ogni giorno mi insegna qualcosa e ogni volta che penso di aver finito, lui mi fa, “No, c’è ancora qualcos’altro che devi imparare!” È una persona brillante.
Ha senso quello che dici, anche perché alcuni giorni fa ho letto un’intervista dove parlavi dell’importanza di avere un mentore, dopo che tu stessa lo hai avuto, lui, Sam Ben-Avraham, dall’età di 16 anni come mi hai detto. Ma parlami di te, visto la donna di successo, piena di stile e super lavoratrice che sei. So che nel 2005 hai lanciato un progetto, “The Brooklin Intern” che ha l’obiettivo di accompagnare e offrire agli studenti del liceo Brooklyn High School un internship di sei mesi nell’industria della moda. Come ci si sente ad essere mentore di qualcuno e che responsabilità hai?
Si tratta di guidarli nella giusta direzione, di aiutarli e di capirli, di insegnarli a muoversi e a parlare nel modo in cui si deve parlare. È un processo, non è a senso unico. È qualcosa di continuo. Alcuni dei ragazzi che ho seguito anni fa ancora mi chiamano e mi chiedono consigli, “Hey, secondo te dovrei fare questo, come dovrei farlo…” Bisogna essere continuamente di supporto a qualcuno, è importante.

“Liberty è libertà, è uno spazio senza confini,” si legge sul sito. Cosa volete dire? Cos’è che rende Liberty Fairs diverso da ogni altra fiera di moda?
È una scoperta. Di base Liberty è libertà, significa che sei libero di fare quello che vuoi come designer o come persona che lavora nell’industria della moda. Sei un creativo. E quello che ti diciamo è che puoi essere libero di essere creativo quanto vuoi. Non ti diciamo che devi essere figo. Ti diciamo che vogliamo vedere il meglio di te e che crediamo in te come persona.
Il progetto “Born in the USA” lanciato nel 2015 a Pitti Uomo 87 probabilmente è il motivo principale per cui vieni spesso in Italia. Mi dici qualcosa in più su questa collaborazione? Com’è iniziata?
Di base Pitti ci ha detto che erano venuti a uno dei nostri Trade Show e che avevano visto quello che facevamo. Si sono innamorati del nostro lavoro e hanno pensato che sarebbe stato formidabile avere dei brand americani alla loro fiera. Quindi ci hanno chiesto di portarli al Pitti. Born in the Usa è nato così e oggi siamo alla quinta edizione.
Vieni in Italia due volte l’anno. Qual è la tua Italia?
La mia Italia? Onestamente ti dirò che la mia Italia è il Pitti e la pasta [ride sonoramente] perchè non riesco a vedere molto quando sono qui, ma riesco a mangiare dell’ottima pasta e a vedere dei bei show al Pitti.
Rivesti una posizione molto importante nell’industria maschile della moda. Come ci si sente ad essere una donna di successo in un mondo di uomini?
È fenomenale e a dire il vero mostra che ho una leadership in questo settore e le persone mi rispettano come donna. Certo, è sicuramente difficile perché viviamo in un mondo regolato da uomini ma una volta che capiscono che so quello che sto facendo mi rispettano ancora di più, quindi è una buona piattaforma per me. Mi piace lavorare nell’universo moda uomo.

Cosa consiglieresti a una giovane ragazza nera che vuole seguire il tuo percorso?
Di essere sempre affamata e rimanere umile. Le persone ti accetteranno se ti mostrerai sempre curiosa e se ti farai il culo. E non accettare mai un No come risposta.
Se oggi dovessi incontrare la tua te a 20 anni, cosa le diresti?
“Continua a spingere, andrà tutto bene.” Questo le direi, perchè a vent’anni probabilmente pensavo che fosse la fine del mondo, sai, stavo vivendo diversi cambiamenti. Sì, questo le direi.
Parlando di neri, negli Stati Uniti sembra difficile farcela in una società dove discriminazione e razzismo sono molto presenti. Vivo in Italia da sei anni, un paese che non ha una buona reputazione per quanto riguarda l’affrontare questi temi. Io non ho mai vissuto episodi di razzismo ma li ho visti da vicino e ho avvertito un po’ di frustrazione tra alcuni afroitaliani che ho incontrato qui. Forse anche perchè alcuni di questi non sono riconosciuti come veri italiani dal loro stesso paese, gli Italiani senza cittadinanza. Ti sei mai sentita nella tua vita di dover lavorare più duramente per ottenere quello che meritavi? Cosa pensi del Black Lives Matter?
Assolutamente sì, mi sono ritrovata in questa condizione di dover lavorare molto più duramente e se dovessi incontrare me da giovane, le direi, “continua a spingere,” altrimenti resteremo sempre in quella condizione, e va bene nel momento stesso in cui lo sappiamo e lo accettiamo. Sappiamo che dovremo sempre continuare a lavorare più duramente di qualsiasi altra persona e poi non ti importa, cominci a non sentirlo più. Capisci che intendo?
Sì, assolutamente.
Quindi questo è l’intero processo di cui parlavo. L’essere più proattivo che reattivo. Dico sempre ai giovani afroamericani che vogliono che gli faccia da mentore che i loro genitori non conoscono nessuno, che non hanno conoscenze e che dovranno partire da zero, lavorare estremamente duro, più di tutti gli altri. E questa ti assicuro è la realtà.
Per quanto riguarda il Black Lives Matter credo sia un movimento che sta facendo cose molto importanti, un movimento in cui credere, soprattutto per quello che sta succedendo ovunque nel mondo. Dobbiamo solo imparare a gestire le cose in maniera non reattiva ma proattiva.
Cosa c’è di speciale nel tuo lavoro?
La passione che ho per il mio lavoro. Amo quello che faccio. Le pesone con cui lavoro sono fenomenali e mi ispirano molto. E visto che imparo sempre qualcosa di nuovo, diventa qualcosa di speciale, formativo,che mi eleva. E poi le persone che incontro lo rendono ancora più eccitante. È questo che succede nel mio quotidiano.
Cinque brand che ci consigli di seguire.
In tutti i miei viaggi sono circondata da marchi che amo. In ogni città, quindi dipende da dove sono. A Los Angeles, per esempio ti direi Cotten Citizen & John Elliot. Quando sono in Giappone, 1LDK. A Milano, Delikatessen e Corelate. A Parigi, YMC e Art Comes First, e a Londra Matthew Miller, Jw Anderson e T-Micheal. A New York, Knickerbocker, Rochambeau, Deveaux e Pyer Moss. Ce ne sono tanti ma posso cominciare con questi.
Grandioso. Siamo arrivati alla mia domanda preferita. Cosa dice Sharifa ai lettori di GRIOT?
Ahhhh…Siate umili. Credo che l’umiltà renda migliori le persone. Quindi siate sempre umili.
Liberty Fairs apre le porte della sua fiera newyorkese oggi a Pier 94. La fiera si sposterà poi a Las Vegas dal 20 al 22 febbraio al Sands Expo – Venetian.
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Immagine in evidenza | Sharifa Murdock per GRIOT (c) Darrel Hunter
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