‘La Statua Che Non C’è’ Più A Milano | Rimozione Non Significa Accettazione – Resistenza Significa Esistenza

Il 15 luglio scorso la città di Bristol si è svegliata con una nuova inquilina, A Surge of Power, statua ispirata alla foto di Jen Reid, una manifestante Nera con il pugno alzato, scattata durante le proteste globali Black Lives Matter scaturite dopo la morte di George Floyd. Realizzata dall’artista londinese Marc Quinn, la scultura è stata posizionata sullo stesso basamento fino a poche settimane prima occupato dalla statua del mercante di schiavi Edward Colston. Poche ore dopo l’opera di Quinn è stata rimossa dal comune.
Domenica 18 ottobre, a Milano, nell’ambito dell’iniziativa di chiamata alle arti Decolonize the City, organizzata dal Comitato Per Non Dimenticare Abba, presieduto da Selam Tesfai, e dal Centro Sociale Cantiere, una statua in ferro del leader bukinabe Thomas Shankara è stata installata nei Giardini Pubblici di Porta Venezia, gli stessi che ospitano la statua del giornalista Indro Montanelli, più volte imbrattata in segno di protesta per il suo passato colonialista e per aver sposato e consumato i suoi bisogni sessuali—di cui si vantava—con una bambina, Desta.

LA STATUA DI THOMAS SANKARA E LA SUA RIMOZIONE
Realizzata dallo scultore senegalese Mor Talla Seck, membro della Black Diaspora Art, la scultura è dedicata a Thomas Sankara, rivoluzionario panafricanista, presidente del Burkina Faso, ucciso durante un colpo di stato per fermare la trasformazione egualitaria e anticoloniale del suo paese. Una targa ai piedi della statua riporta uno dei pensieri cardine della sua visione: Dobbiamo decolonizzare la nostra mentalità e raggiungere la felicità.
“Questa statua è un atto di condivisione di sapere, un modo per affermare che non esiste un’unica memoria, un’unica Storia e un’unica Verità. La statua ha trovato posto proprio in Porta Venezia affinché i Giardini Pubblici raccontino una storia che Montanelli—celebrato con una statua nello stesso parco—nascondeva e disprezzava, troppo impegnato a propagandare la purezza della razza bianca,” hanno dichiarato pochi giorni fa gli organizzatori su La Repubblica. “Una storia che nei libri di testo delle scuole e nella memoria di questo Paese non trova ancora spazio. Si tratta di un’opera collettiva di ricostruzione della storia e dell’immaginario. È un’azione di solidarietà globale con i popoli che nel resto del mondo lottano per la loro dignità e i loro diritti.”
Anche in questo caso, il giorno dopo la statua è stata rimossa.

LA STATUA CHE NON C’È
Due statue rimosse, due azioni uguali e diverse, con un finale che è lo stesso: laddove i corpi, le istanze, la voce delle soggettività razzializzate e più discriminate emergono in superficie, lo stato di controllo irrompe con la solerzia tipica di chi non vuole ascoltare, riconoscere la necessità di un confronto onesto con se stesso e con gli altri, preferendo intraprendere il facile sentiero della cancellazione, della rimozione, forte della sua posizione di potere. Ma, e sottolineo ma, rimozione non significa accettazione. Il contrario. E resistenza significa esistenza. Se “un qualche grigio burocrate, ha sequestrato la statua di Sankara,” dichiarano gli organizzatori sui social, “di fatto ha realizzato un’altra opera: la statua che non c’è rappresenta la rimozione coloniale.”
Per questo sabato 24 ottobre, alle 17.oo il Comitato Per Non Dimenticare Abba e il Centro Sociale Cantiere hanno deciso di tornare sul posto, e la statua che non c’è, come sottolineano i promotori, “resterà a futura memoria della rimozione coloniale.”
Maggiori info per partecipare all’evento, qui.
Immagine di copertina | Foto della scultura di Mor Talla Seck, via cantiere.org
Arti visive, performative e audiovisive, cultura, musica e viaggi: vivrei solo di questo. Sono curatrice e produttrice culturale indipendente e Direttrice Artistica di GRIOTmag e SPAZIO GRIOT, spazio nomade che promuove la sperimentazione multidisicplinare, l'esplorazione e la discussione.