La Commmissione Snobba Grada Kilomba Per Il Padiglione Portoghese Alla Biennale Di Venezia 2022
Il curatore Bruno Leitão ha condiviso una lettera aperta gettando seri dubbi sul processo decisionale della DGArtes (Direzione Generale delle Arti), che funge da comitato di selezione portoghese per la Biennale di Venezia. La lettera denuncia che il processo è stato viziato da gravi irregolarità.

La notizia dell’esito sfavorevole gli è stata comunicata l’11 novembre. Il curatore ha impugnato la decisione, dapprima attraverso l'”Applicants Hearing”, successivamente all'”Hierarchical Appeal”, che è stata inoltrata alla DGArtes e al Ministero della Cultura portoghese. La proposta di Leitão, A Ferida – The Wound, di Grada Kilomba, è stata valutata secondo un sistema di media ponderata e avrebbe perso di soli tre punti rispetto alla proposta vincente.
Da quanto si legge, Nuno Crespo, critico d’arte portoghese e direttore della School of Arts presso l’Università Cattolica del Portogallo, con la sua votazione ha trascinato giù il punteggio di Kilomba. Il punteggio che Crespo ha attribuito al lavoro di Kilomba per il padiglione portoghese è molto al di sotto dei voti espressi dalle altre tre giurate—la curtrice Ana Cristina Cachola, la storica dell’arte Giulia Lamoni, e Sofia Isidoro della DGArtes—le quali, in un sistema di valutazione da 1 a 20 basato su tre criteri di valutazione (a. concept e team curatoriale; b. fattibilità – coerenza nella gestione del progetto; c. obiettivi – corrispondenza con obiettivi di interesse pubblico definiti nell’avviso di apertura) hanno assegnato un punteggio tra 19 e 20, contrariamente a 10, 10, 15 di Crespo, che, in generale, rappresenta la votazione più bassa da lui assegnata alle quattro proposte presentate.
Tuttavia, il voto incongruo e la media ponderata non sono le uniche parti della controversia. Tra le motivazioni dell’esclusione della propsota, Crespo ha presumibilmente scritto che:
(…) “l’idea del razzismo come ferita aperta è già stata oggetto di numerosi altri approcci; quindi la proposta presentata non permette di vedere come in una mostra si possa rivedere, criticare o ampliare questa idea che è già stata discussa e perfino esposta in più modi (…)”
(…) nonostante il team tecnico e artistico sia competente, il merito artistico dell’artista Grada Kilomba (…) non è soddisfacente.”;
(…) il progetto non ha la portata artistica che, a mio avviso, la rappresentazione ufficiale deve necessariamente avere (…)”;
“(…) non è orientato alla dinamizzazione e all’internazionalizzazione delle scena artistica e culturale portoghese”.
Nel primo capitolo del suo saggio Critica della ragione negra, dal titolo Il soggetto di razza, il filosofo, critico e teorico post-coloniale Achille Mbembe scrive che “(…) la trasformazione della Spagna e del Portogallo da colonie periferiche del mondo arabo in motori di espansione europea oltre l’Atlantico coincide con l’afflusso nella stessa penisola iberica di Africani. Questi partecipano alla ricostruzione dei principati iberici all’indomani della Grande Pestilenza e della Grande Carestia del XIV secolo. Se in maggioranza sono schiavi, non tutti lo sono; si contano anche uomini liberi (…) I primi Neri vittime di razzie e fatti oggetto di una vendita pubblica, arrivarono in Portogallo nel 1444.” Il paese è diventato un attore chiave nella Tratta Atlantica.


Sono passati quasi sei secoli da allora, ma la brutalità delle imprese coloniali del Portogallo, così come quelle di altri paesi europei, devono ancora entrare nella Storia ufficiale e nel discorso pubblico. La costruzione della razza, del genere e del diverso da secoli perpetuano gli stessi processi che hanno degradato e sfruttato i corpi, le soggettività e l’Essere dellз Nerз .
Si può solo speculare sulla conoscenza di Nuno Crespo di questi temi. Non abbiamo modo di sapere se abbia letto il saggio di Kilomba, Memorie della Piantagione. Episodi di Razzismo Quotidiano o l’antologia La Rampa Portugal. Ci si domanda, anche, quanto sia stata attenta la sua valutazione del progetto di Kilomba. Partendo dall’attuale dibattito sulla decolonizzazione, il lavoro proposto da Kilomba avrebbe affrontato le “tre crisi” del nostro tempo attraverso un’opera performance presentata con un’installazione video multicanale in grande scala: la crisi dei diritti umani, la crisi climatica e la crescente militarizzazione delle relazioni umane.
La legittimità del lavoro di curatorз e produttorз culturalз Nerз e di altre minoranze spesso viene messa in discussione, se le loro pratiche (curatoriali) ruotano attorno al razzismo, al colonialismo, al femminismo (Nero), all’identità (di genere), e così via. Se, come si dice abbia affermato Crespo, “(…) questa idea [di razzismo] è già stata discussa e persino esposta in più modi (…)” lo si deve a coloro che, razzializzatз, hanno lavorato affinché lo scenario fosse questo. Le mostre (anche se di unǝ stessǝ artista) non sono uguali solo perché hanno come tema centrale la razza. La sensibilità poetica, estetica e concettuale che le/gli artistз riescono a trasferire nel proprio lavoro richiede sforzo e immaginazione. Questo sforzo e immaginazione sono generativi, consentono ad altrз artistз di buttarsi nella mischia, di esplorare e arricchire l’intera comunità.

I successi dell’artista interdisciplinare, scrittrice e pensatrice Grada Kilomba, sono riflessi nella lunga lista di personali e collettive internazionali. Il suo lavoro è parte della collezione della Tate Modern, ed è supportato da curatorз, teoricз, artistз e autorз di fama internazionale, come la direttrice del MACBA (Museu d’Art Contemporani de Barcelona), Elvira Dyangani Ose; lo studioso Paul Gilroy; il direttore artistico di SAVVY Contemporary e prossimo direttore della Casa delle Culture del Mondo a Berlino (Haus der Kulturen der Welt), Bonaventure Soh Bejeng Ndikung; la filosofa brasiliana Djamila Ribeiro; la sociologa portoghese Cristina Roldão; e l’artista brasiliana Jota Mombaça. Tutte queste persone, su invito di Grada Kilomba hanno preso parte al team di candidatura per il padiglione portoghese.
Parlando con Art News Paper, Leitão ha commentato: “Negli Stati Uniti, nel Regno Unito, c’è un serio tentativo di comprendere le eredità coloniali attraverso l’arte.” E aggiunge: “Ma in Portogallo, il paese che ha trasportato la maggior parte delle persone dall’Africa all’America durante la tratta transatlantica degli schiavi, non si discute molto di questo. Pochissimi artisti hanno lavorato su questo argomento. Raramente viene discusso in un forum nazionale. Quindi, dire che il tema del colonialismo o del razzismo in Portogallo non possa essere esteso è scioccante. Ecco perché sentivamo di dover fare l’appello. Questo va oltre me e Grada. Sentivo che avremmo fatto un disservizio a qualsiasi artista di origine africana se non avessimo fatto appello.”
Riguardo alle critiche sulla nazionalità dell’artista, Leitão ha detto: “Come può affermare ciò? Lei è portoghese. È una critica che non ha senso. Grada Kilomba è probabilemente unǝ dellз principali artistз portoghesi del momento. È sicuramente unǝ dellз più acclamatз a livello internazionale. Il suo lavoro è stato esposto alle Biennali di San Paolo e Berlino e nelle principali istituzioni in tutto il mondo, e la sua opera al momento è l’immagine distintiva del Palais de Tokyo di questa stagione.”
Tutto ciò solleva pertinenti interrogativi su quali artistз possano quindi entrare a far parte del canone nazionale e rappresentare una nazione.

Nel suo libro White Innocence, Gloria Wekker scrive: “La rabbia e la violenza che accompagnano l’innocenza (di non sapere o non voler sapere), possono essere intese come un filone all’interno della sindrome della maliconia postcoloniale (…) È un modo per mantenere uno stato suprematista bianco, che non comprende il mondo razzista in cui vivono perché beneficiano pienamente delle sue gerarchie, ontologie ed economie razziali.” Recentemente il Portogallo è stato visitato da un comitato ufficiale dell’ONU che ha evidenziato l’allarmante razzismo strutturale e istituzionale presente nel paese.
Un sistema che permette a un singolo giurato di decidere l’esito di un processo di selezione, consentendo al voto soggettivo di alterare la decisione della maggioranza, non può essere considerato equo. Questo squilibrio sistemico è aggravato dal fatto che il comitato era composto da tre donne e un uomo, il che rivela la fossilizzazione delle strutture patriarcali e coloniali in sistemi apparentemente equi che ancora sono incapaci di filtrarle quando incontrano per la prima volta un’artista donna Nera come candidata principale.

Il giudizio di Crespo sulla proposta artistica di Kilomba tradisce quello stato di inquietudine nel dovere fare i conti con un’altra centralità, nel dovere ascoltare altre storie, che evidentemente vanno raccontate ripetutamente, se si vuole affrontare il passato adeguatamente. Si può solo sperare che l’Appello di Leitão—un processo senza precedenti in Portogallo, molto probabilmente venuto alla luce solo grazie alla reputazione internazionale dell’artista—abbia dei risvolti concreti.
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Johanne Affricot
Arti visive, performative e audiovisive, cultura, musica e viaggi: vivrei solo di questo. Sono curatrice e produttrice culturale indipendente, fondatrice e direttrice Artistica di GRIOTmag e SPAZIO GRIOT, spazio nomade che promuove la sperimentazione multidisicplinare, l'esplorazione e la discussione.