Kwena Baloyi | “Il Nostro Aspetto Non è Illegale”

di Eric Otieno Sumba - Pubblicato il 12/09/2018

Kwena Baloyi è un personaggio molto eccentrico. Ha una presenza potente ed è una delle persone meglio vestite che potete trovare su internet. Nel giro di pochi anni, questa terapista di stile e curatrice culturalesi è fatta da solaè riuscita ad affermarsi con prepotenza nella scena fashion sudafricana e a costruire una serie di relazioni strategiche in tutto il continente: da Dakar a Nairobi, da Marrakech a Kigali. Non è raro, però, trovarla in qualche città europea, magari seduta proprio accanto a voi, senza che ve ne accorgiate.

Abbiamo incontrato a Johannesburg una delle image makers 2018 scelte da Marie Claire Sudafrica: abbiamo parlato del suo viaggio personale, della sua missione di trasformare il futuro della bellezza e della moda in Africa, della sua voglia di sostenere le giovani donne nei loro diversi percorsi di bellezza.
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GRIOT: Come sei finita nel mondo della moda e quando hai cominciato a cercarci e trovarci un significato?

Kwena Baloyi: Quando avevo circa 14-15 anni andavamo a Johannesburg a trovare mia nonna e i miei zii materni. Ricordo che mentre bevevamo un drink, loro discutevano di come apparivano, il che era qualcosa che trovavo molto interessante. Oppure mi capitava spesso di osservare le persone del mio villaggio con indosso abiti molto belli portati con assoluta naturalezza, e mi chiedevo dove li avessero presi. Non erano abiti molto costosi, ma si vedeva che dietro quell’abbinamento di colori e il modo in cui venivano combinati c’era una scelta precisa. Chiesi a un mio zio perché adorassero il loro aspetto così tanto e lui mi rispose che era il loro modo di combattere quello che stavano vivendo. “Non vuoi mostrare a tutti che non hai soldi o ad una donna che non puoi permetterti un appuntamento,” mi disse. Per i miei zii, se avevi un bell’aspetto venivi rispettato dagli altri e dalle donne. Scarpre perfettamente tirate a lucido, cintura, occhiali, collane, orologi. Mi affascinava molto sentire quelle storie.

I vestiti possono cambiare la tua prospettiva sulla vita, il tuo umore. Sono queste piccole cose che mi hanno fatto capire che i vestiti non sono semplicemente vestiti. Puoi creare un tuo linguaggio e vincere battaglie, a seconda di come li usi, come quando incontri persone che fanno le prepotenti con te: presentati ben vestito e vedrai che ti inviteranno a sedersi con loro.
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E che mi dici dei capelli? Parlami del tuo viaggio. Com’è stato?

Crescendo a Limpopo, ci stiravamo i capelli per andare in chiesa. L’amica di mia madre lavorava in città per una famiglia che le regalava i prodotti chimici per lisciarli. Lei li portava a casa e faceva i capelli alle persone. Una volta mia sorella ne usò alcuni perchè doveva andare a un matrimonio: le caddero tutti nel lavandino. Aveva una brutta cicatrice perché le sostanze chimiche erano molto dure e non erano usate correttamente. Ma nonostante questi incidenti, continuavamo a usarli.

Mia madre non ci insegnò mai come fare. Se volevi lisciarti, semplicemente potevi. I pettini mi terrorizzavano, quindi sceglievo sempre di stirarli. Anche se non erano delicati come quelli di mia sorella, la mattina, quando mi alzavo avevo i capelli secchi e questa cosa mi buttava molto giù. Decisi allora di lasciarli liberi, di essere quello che erano. Mia madre mi ripeteva che avevo una testa piccola e molto bella, che avrei potuto radere. E così per la maggior parte dei miei anni scolastici ho avuto i capelli corti. In terza media mi sono trasferita a Città del Capo. È stata una scoperta, ho imparato molte cose sul crescere, sui soldi, sulla vita, sul vino, sui ragazzi. Ma c’era questa pressione che dovevo essere più “donna” e così per un periodo iniziai a farmi crescere le unghie e a portare extensions, o parrucche, non ricordo.

Ma non possono dirci come dovremmo apparire in quanto donne. E così ho preferito correre il rischio di essere quello che volevo, solo per vedere la rezione delle persone. Portavo i miei capelli al naturale, ma in alcuni posti di lavoro di Cape Town cominciai a sentirmi a disagio. Così mi sono trasferita a Johannesburg, perchè mi sembrava fosse molto più accomodante come luogo. Qui ho portato trecce, anche i dreadlocks per un periodo.

Diciamo che la molla che mi ha spinto a inziare a sperimentare stili più eccentrici è stato quando molti anni fa mia madre smise di farsi le acconciature perché il suo datore di lavoro le disse che aveva i capelli brutti e che li avrebbe dovuti coprire o tagliare. Descrivevano i suoi capelli come “strani” e “divertenti”. Ma quanto possono essere veramente divertenti i capelli? Mia madre se ne è sbarazzata contro la sua volontà. Le dissi che avrei iniziato a pettinarmi nei modi in cui a lei era proibito. Trovò l’idea strana, ma decisi di andare a fondo per mostrare a quelli che l’hanno messa a tacere che non era giusto, non era divertente. Volevo reclamare le cose che eravamo abituate a fare, le cose che ci hanno dato forza e rese orgogliose, che ci hanno fatto avere fiducia in noi stesse. Oggi alcune persone nell’industria creativa hanno paura ad avvicinarsi a me perché, a quanto pare, ho un carattere troppo forte, che spaventa. Spesso mi chiedo se il motivo non sia legato al fatto che non stiamo più zitti come facevano i nostri genitori.

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Foto di Trevor Stuurman

Hai iniziato a esplorare varie acconciature africane su @AfrikanKrowns e poi sul tuo profilo Instagram. Come è stata la reazione?

Le persone mi hanno scritto chiedendomi:”Pensi che possa indossare questa acconciatura ad una riunione?” La mia risposta è stata:”Naturalmente!” Dal momento che sono i loro capelli, possono indossarli come vogliono, in ogni occasione. Alcune donne molto belle e rispettate in Sudafrica mi hanno raccontato che in occasione di un viaggio all’estero avevano intrecciato i loro capelli perché avevano visto farlo a me e così prendersi quel rischio dava loro un nuovo senso di sicurezza.

Sento che questo è il mio scopo. Se quello che sto facendo è aiutare altre donne, non mi fermerò. Se vedendomi sei spinta a combattere, e vinci le tue battaglie, vuol dire che sta nascendo un movimento per le nostre bellissime donne, ed è quello che sto cercando di creare. Le poche persone che riesco a raggiungere sono sufficienti perchè avrà un effetto a catena. Quindi si tratta di combattere le battaglie di molte donne diverse e belle, e mostrare alla società che il nostro aspetto non è illegale.

Sto lottando per l’autostima delle persone, per la loro fiducia, per la loro vera identità e percezione della bellezza. Alcune persone hanno ancora paura, ma apprezzano vederlo, e sono felici che io lo stia facendo per loro. Se non riesci a portare i capelli arancioni, lo farò io per te. Forse vederlo su di me è la spinta di cui hanno bisogno per convincersi a rischiare.
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Perché fai quello che fai? E come fai a rimanere fedele a te stessa in un settore che può costringerti a cambiare direzione?

Tutte le persone con cui mi vedi lavorare sanno che abbiamo creato una connessione molto forte, profonda. E piano piano sto cercando di costruire qualcosa che ci permetta di creare insieme e allo stesso tempo di diffondere il messaggio tra le persone che la pensano allo stesso modo. Non tutti sono pronti, ma dovranno esserlo. Come possiamo mandere i nostri designer all’estero se a casa vengono azzittiti? Questo é un problema! Dobbiamo allenarci l’un l’altro nel nostro paese, ed è per questo che sono qui, per chiunque abbia bisogno di aiuto.

Conosco me stessa e ho imparato a fidarmi di me stessa. Le persone mi si avvicinano con quella stessa mentalità perché sono molto esplicita a riguardo. Non me ne sto mai tranquilla quando sento qualcosa in maniera viscerale, anche se significa “perdere” un lavoro. Non posso compromettere le mie convinzioni solo per essere assunta. I marchi sanno chi sono e a che punto della mia vita sono perché è qualcosa che rendo molto chiaro. Un fattore non negoziabile sono i miei capelli, nessuno si avvicina mai. Non scendo a compromessi quando si tratta di integrità e auto-onestà. Si tratta di fidarsi del processo e permettere alle persone giuste di venire verso di te.

La scorsa estate in Italia alcune persone (tra cui Vogue Italia) durante il Pitti Uomo si chiedevano chi fosse questa donna incredibilmente elegante…

Pitti è stata un’esperienza incredibile! Sapevo che Pitti era un evento maschile e Trevor Stuurman mi suggerì di andare con lui. All’inizio ero riluttante, ma un giorno siamo entrati in un’agenzia di viaggi e abbiamo scoperto che i voli per l’Italia da un po’ di tempo erano quelli più economici. Trevor mi suggerì di acquistare il biglietto. E così presi la carte e feci l’affare. Inizialmente avrei dovuto aiutarlo con la sua fotografia e cose del genere, ma Pitti si è rivelato così divertente, con tutti quegli uomini vestiti in modo impeccabile.

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Foto di Trevor Stuurman

Sicuramente c’era molta passione in quegli outfit perché faceva davvero caldo. Erano tutti in completo, era così affascinante. Il mio primo amore nella moda è stato l‘abbigliamento uomo, ancora oggi lo incorporo nei miei look, quindi Pitti per me è stato un posto per poterlo sperimentare con il mio stile. Ero quasi irriconoscibile con tutto quello sperimentare.

Progetti attuali?

Attualmente sto lavorando a una mostra sui capelli e recentemente ho collaborato con Dove per la loro campagna di bellezza che mira a cambiare il modo in cui ci vediamo come donne, e, in generale, a migliorare la nostra autostima. È importante che in Africa sosteniamo e cresciamo giovani donne che abbiano fiducia in loro, quindi sto iniziando con le ragazze del luogo in cui sono nata. Voglio che questo movimento si diffonda in tutto il Sudafrica e nel continente.

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English Kwena Baloyi | “How we look is not illegal”

Tutte le immagini | Per gentile concessione di Kwena Baloyi

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Sono uno ricercatore e studioso di decolonialismo. Lavoro sull'intersezione tra giustizia sociale, politica, economia, arte e cultura. Amo leggere, ballare, andare in bicicletta e il capuccino senza zucchero.