Kiddy Smile, Principe Francese Del Voguing | “Internet Ha Fatto Molti Danni, Ma Rompe I Confini Di Alcuni Privilegi”

di Celine Angbeletchy - Pubblicato il 09/09/2019

Pierre Hanffou, alias Kiddy Smile, è unico nel suo genere. Creativo fino al midollo, il suo talento lo ha reso un’icona nella scena ballroom francese e gli ha fatto guadagnare il titolo di “principe francese del voguing“.

Audace autodidatta, Kiddy Smile è un artista a 360°: produttore, DJ, cantante e designer di moda (passione che ha ereditato dalla madre), ha iniziato la sua carriera come ballerino ottenendo ruoli piuttosto importanti, tra cui i video musicali di Yelle e George Michael. Dopo aver incontrato Beth Ditto dei Gossip che, diventata una sorta di mentore, lo ha portato in tour con lei e lo ha invitato ad esibirsi a Coachella—è qui che ha incontrato la sua prima etichetta discografica—Kiddy Smile si è reso conto che fare musica era la strada giusta da percorrere. “Ho iniziato circa dieci anni fa, prima ero un ballerino e volevo davvero fare di più. Ho sempre desiderato poter raccontare la mia storia attraverso la musica,” mi ha raccontato. Chiaramente è stata la scelta giusta, visti i numerosi successi ottenuti negli ultimi dieci anni, come l’epica performance nell’estate 2018 al Palazzo dell’Eliseo, per il presidente francese Emmanuel Macron, in occasione della Festa della Musica— solo per citarne uno—in cui ha indossato una maglietta che, davanti e dietro, recitava: “Figlio di immigrati, nero e omosessuale. Con la legge sull’asilo e l’immigrazione io non esisterei” (Fils d’immigrés, noir et pédé, avec la loi Asile Immigration je n’existerais pas).
griot mag_ intervista Kiddy- Smile short theater © Nico BustosAbbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per scoprire di più sul suo amore per la musica, che cosa è cambiato nella sua vita dal debutto di One Trick Pony, di cinema, rappresentazione e dei pro e contro dell’essere un role model.

GRIOT: Come hai deciso che avresti fatto musica house? È stata una scelta naturale quando hai iniziato a produrre o è qualcosa che hai specificamente ricercato?

Kiddy Smile: Penso avesse senso per me fare house perché volevo fare club music. All’epoca ascoltavo un sacco di jersey e baltimore club e mi piacevano tanto, ma non mi stimolavano molto in termini di produzione. Poi ho capito che quello che volevo fare era qualcosa che sarebbe stato rispettato dalle persone con gusto per la musica, dalle persone che si definiscono “underground”, ma volevo anche raggiungere le masse e per me l’unico genere che è riuscito in questo intento, tranne l’hip-hop, è la musica house. Quindi aveva senso fare house. Mi piace il fatto che ci puoi cantare, rappare o non parlare affatto e resta comunque bellissima. Mi piace molto la libertà della musica house.

È passato esattamente un anno dall’uscita del tuo LP di debutto One Trick Pony. Cosa pensi abbia portato questo disco nella tua vita?

È stato un anno pieno, ho fatto molte tournée, non immaginavo sarebbe stato così e ho anche avuto molti problemi di salute. Ora che mi sento meglio, posso apprezzare le cose che mi ha portato, come le varie opportunità che ho avuto di suonare a grandi festival. Non avrei mai immaginato di suonare a Glastonbury, per esempio, o a Solidays, che è uno dei più grandi festival in Francia. Rimango sempre molto sorpreso di vedere le persone presentarsi agli eventi in Francia, perché ho sempre la sensazione che non molti si interessino di quello che faccio. Sono sempre nervoso e penso: ci saranno persone? Se sono qui, resteranno? Gli piacerà? Penso molto a queste cose ora.

griot mag intervista Kiddy Smile short theater © Nico Bustos
Foto di Nico Bustos, per gentile concessione di Kiddy Smile

Siamo andati in tour prima della pubblicazione dell’album ed era molto diverso rispetto a dopo che è uscito, perché prima le persone non conoscevano le canzoni e dovevo portarle a bordo e fargli scoprire la musica. Ora le persone conoscono i testi, cantano, ballano: è molto diverso. Sai, spesso provi a pensare se qualcosa funzionerà davvero, ma quando vedi la gente ballare e cantare, senti che forse hai fatto un buon lavoro.

Quest’estate hai pubblicato il video della tua canzone Moving On Now che mostra il meglio del tuo tour. Il video è stato anche un modo per celebrare la sensazione che hai appena raccontato?

Sí, assolutamente. Quest’anno è stato così ricco e il video consiste interamente di storie su Instagram. Ci siamo resi conto, mentre lo costruivamo, che sono successe tante cose in tour, e all’inizio era lungo 10-15 minuti! Ma questa clip è stata realizzata anche perché ero in tournée con i miei amici e con persone a cui tengo molto, e volevo mostrare all’esterno tutti coloro che hanno fatto parte del mio tour ma che non si vedono: il tour manager, l’ingegnere del suono, l’ingegnere luci, il mio management. Volevo ringraziare tutti quelli che mi hanno aiutato ad essere Kiddy Smile.

L’anno scorso hai recitato in Climax, di Gaspar Noé, in più hai contribuito alla colonna sonora del film con la tua canzone Dickmatize tratta da One Trick Pony e hai fatto la storia rompendo il dress code del tappeto rosso al Festival di Cannes. Pensi che recitare e fare cinema sia qualcosa che vorresti fare di più in futuro?

Mi piacerebbe farlo di nuovo, ma sono molto realistico riguardo alle opportunità che mi potrebbero essere offerte. Ho ricevuto un’offerta che ho rifiutato perché pensavo che mi avrebbe ritratto solo in una specifica dimensione e sono consapevole che essendo nero la versatilità dei personaggi che posso interpretare è molto limitata. Inoltre, a causa del fatto che sono un musicista, le persone non si aspettano o non mi danno la possibilità di recitare ruoli diversi da ciò che sanno di me. Se sei un musicista apertamente omosessuale, otterrai la parte della persona omosessuale, oppure perché sono nero dovrà essere collegato a qualcosa che ha a che fare con il colore della pelle. Non che rifiuterei qualcosa del genere, ma deve essere interessante. Mi piacerebbe fare di più nell’industria cinematografica, ma per ora vivo in Francia, quindi è molto complicato e non credo che ci saranno altre possibilità, a meno che qualcuno non scriva qualcosa per me, ma dubito che succederà.

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Foto di Nico Bustos, per gentile concessione di Kiddy Smile

Sei conosciuto come il “principe francese del voguing” e hai infranto così tanti confini in termini di rappresentazione. A volte senti il ​​peso della responsabilità di essere un modello?

Sono felice che le persone possano relazionarsi con la mia esperienza e con le cose che sto vivendo, ma parlo solo per me stesso, parlo solo della mia esperienza e se le persone riescono a sentirla vicino, va bene. Non mi piace presentarmi come qualcuno che parla per altre persone, perché non è quello che faccio. Faccio musica, esprimo la mia vita attraverso la musica e se questa tocca le persone, non credo che mi renda un portavoce. Quello che trovo un po fastidiosoovviamente sto parlando dell’oppressione che affronto e vivo per il mio essere intersezionaleè che se parlo di ciò che subisco e vivo, diventa un atto di sfida contro il sistema e così la mia musica diventa politica. Per me è solo la mia vita, ma altri che non vivono quell’oppressione, vedono questa cosa quasi come politica, mentre non mi considero un portavoce. Non andrei a fare uno spettacolo solo per parlare di quei problemi, deve essere sempre correlato alla mia musica. Inoltre, non voglio accettarlo perché lo trovo un po’ irrispettoso nei confronti delle persone che in realtà hanno dedicato la loro vita per far cambiare le cose. Penso siano loro le/i veri portavoci, le vere icone.

Nel corso degli anni la comunità LGBTQAI + ha trovato nuovi modi per includere, proteggere, sostenere, costruire comunità e creare spazi sicuri, elementi che le ballroom hanno sempre fornito. Secondo la tua esperienza, in che modo l’era iper-tecnologica delle società occidentali ha cambiato o influenzato la cultura del voguing e delle ballroom?

Otto anni fa, quando sono entrato a far parte della scena ballroom, Internet era già qui e avevo già visto filmati di persone che ballavano, ballroom e cose del genere, prima di essere introdotto al movimento e alla cultura. Ma penso che Internet abbia fatto molti danni ovunque, penso proprio di sì. Allo stesso tempo, ha anche dato accessibilità, vivendo in Europa mi ci sarebbe voluto molto più tempo per scoprire la scena, poter vedere e sperimentare la cultura. Questo è quello che mi piace di Internet: rompe i confini di alcuni privilegi, come la ricchezza o l’abilità fisica. Che succederebbe se fossi su una sedia a rotelle, nero e gay e volessi conoscere la cultura delle ballroom e non ci fosse internet? Il web ci dà questa vicinanza, ha aiutato a propagare queste culture, ma è anche difficile perché stiamo ancora combattendo per mantenere le ballroom dei luoghi sicuri, e il solo fatto che le persone eterosessuali lo sappiano e possano andarci… le ballroom sono spazi davvero sicuri? Non lo so.

Cosa mi puoi dire dei tuoi prossimi progetti, quando sentiremo nuova musica?

Sto lavorando alla pubblicazione dell’edizione deluxe del mio album e a nuovi video che usciranno in autunno.

Kiddy Smile sarà presente a Roma il 13 settembre al Festival ‘Short Theater – Visioni d’insieme’ (6-14 settembre 2019 – La Pelanda | WeGil | Teatro Argentina | Teatro India | Carrozzerie n.o.t.).

GRIOT è media partner di Short Theatre – Visioni d’Insieme 2019. Scopri il programma completo del Festival.

English | French ‘prince of voguing’ Kiddy Smile | “I don’t think about myself as an advocate”

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Immagine di copertina | Per gentile concessione di Kiddy Smile

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Sono una persona molto eclettica con un’ossessione per la musica e la sociologia. Nata e cresciuta in Italia, Londra è diventata la mia casa. Qui creo beat, ballo, canto, suono, scrivo, cucino e insegno in una scuola internazionale.