Joobin Bekhrad E REORIENT Magazine: “Freddie Mercury Era Iraniano!”

di Celine Angbeletchy - Pubblicato il 15/05/2017

Joobin Bekhrad è esattamente quel tipo di persona super interessante che tutti vorrebbero incontrare almeno una volta per fare due chiacchere. Beh, siamo lieti di poter dire che noi l’abbiamo fatto. Oltre ad essere uno scrittore pluripremiato e un musicista, Bekhrad è il fondatore di REORIENT, una rivista che celebra le arti e la cultura contemporanea del Medio Oriente e delle regioni circostanti, offrendo una prospettiva moderna e nuovi punti di vista su argomenti legati al mondo dell’arte e non solo.

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Joobin Bekhrad (c) Sassan Behnam Bakhtiar

Quella di Joobin è una causa molto importante da portare avanti al giorno d’oggi, data la mancanza di supporto da parte delle istituzioni nella promozione della diversità culturale nell’arte. “Non puoi essere ciò che non vedi”, diceva il motto di una campagna sociale per la rappresentazione di genere nei media lanciata qualche anno fa.

È proprio questo il punto e si applica ad ogni ambito socio-culturale: abbiamo bisogno di una più ampia rappresentazione della bellissima diversità artistica che la nostra società multiculturale offre e come GRIOT siamo fieri di contribuire in questo senso.

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Afro Iran, una minoranza sconosciuta in mostra a Roma (c) Mahdi Ehsaei

Ne abbiamo discusso con Joobin, oltre a parlare di Reorient, del suo percorso personale, del suo amore per Freddy Mercury e il rock’n’roll e del suo lavoro come scrittore di successo.

GRIOT: Qual è stato il tuo percorso formativo? Come e quando sei stato introdotto al mondo dell’arte?

Joobin Bekhrad: Ho studiato Amministrazione delle Imprese a Toronto ed Economia Manageriale a Londra. Vengo da un contesto economico da un punto di vista didattico, ma non ne sono mai stato veramente interessato. Ad essere onesto, non sapevo cosa volevo fare quando ero al liceo, quindi fare economia sembrava il minore di tutti i mali.

Una volta finiti gli studi ho dovuto pensare a quello che volevo effettivamente fare, così per un breve periodo ho lavorato in una startup di Londra come editore di una pubblicazione. Al tempo mio padre si era trasferito a Toronto dopo essere stato a Dubai per lavoro per circa 10 anni,  aveva la sua azienda lì ma voleva entrare nel mondo dell’arte contemporanea, arte iraniana in particolare. Così ho iniziato a lavorare per lui da Londra e mi sono subito interessato al suo lavoro e a quello che stava facendo, perciò ho deciso di tornare a Toronto e lavorare per lui a tempo pieno.

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via instagram.com/reorientmag

Solo in quel momento ho veramente iniziato a scoprire l’arte contemporanea, perché il mio amore è sempre stato innanzitutto per la musica, poi per la letteratura. Anche se la gente crede che sia un esperto d’arte e che l’arte sia la mia professione principale,  effettivamente è stata l’ultima che ho scoperto.

Ho iniziato con la musica, suonando la chitarra. Sai, ascoltando i dischi e roba così.  Mi immaginavo la vita rock’n’roll, ma non volevo diventare famoso, volevo solo essere in una band e suonare la chitarra. Poi all’università ho riscoperto i libri. Ovviamente a scuola gli insegnanti mi hanno traumatizzato, quindi per anni ho evitato tutto ciò che avesse a che fare con leggere e scrivere. Mi ci è voluto un po’ per superare psicologicamente il danno che mi hanno causato, ma alla fine ho riscoperto la letteratura e le mie radici e ho iniziato a divorare libri, film, musica, non importava cosa fosse.

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Roots runnin deep, di YASSA

Non sapevo niente di arte contemporanea iraniana allora, ma poi quando mio padre si è interessato al mondo dell’arte, abbiamo creato il nostro business ArtClub Projects che esiste ancora oggi.

Quindi, è giusto dire che vieni da una famiglia di artisti?

Sì, in un certo senso. Mio padre è un architetto e un ingegnere di formazione, quindi ha un background artistico grazie all’architettura. Mia madre è una promotrice finanziaria e ha studiato comunicazione. In Iran lavorava in un centro culturale dove recensiva i film, prima che ottenessero l’approvazione – questo era dopo la rivoluzione naturalmente, quindi non era affatto bello.

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Persepolis (2007), di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud

In ogni caso era nella cerchia dei giganti dell’industria di allora e ha sempre amato la letteratura, i film e l’arte, ma non la musica. Quindi anche se i miei genitori non sono artisti di professione, sicuramente avevano una passione per le arti.

Hai mai pensato che saresti finito a fare affari con tuo padre?

Mai. Al liceo non sapevo cosa sarebbe successo, idealmente avrei voluto far parte di una band rock’n’roll, ma quando ho iniziato a lavorare a Londra ho capito che mi piaceva scrivere, non solo leggere. Ho sempre avuto questa paura di scrivere, perché pensavo  che una volta scritto qualcosa è lì per sempre e può tornare a perseguitarti! Non che scrivessi niente di dannoso o negativo, ma solo mettere i tuoi pensieri là fuori, a nudo,  per sempre, soprattutto in questa epoca con Internet, mi spaventava.

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Kuseh, di Bahman Mohassess

Mi ricordo che da bambino che scrivevo canzoni e poesie, e poi le scartavo appena scritte o qualche settimana più tardi pensando: “Che schifo, come hai fatto a scrivere una cosa del genere?”. Ma quando mi sono reso conto che mi piaceva scrivere e gestire un team di giornalisti, mi è venuta l’idea di avere una mia pubblicazione.

E così è nato REORIENT, giusto? Raccontami.

Ho fondato Reorient nel 2012, dopo circa un anno che ero tornato a Toronto. Non stavo scrivendo dopo aver lasciato la startup a Londra, ma lavoravo a tempo pieno per mio padre. La passione però era rimasta e volevo solo tornare a scrivere e creare una rivista, è stato proprio un capriccio. Sapevo cosa volevo, ma non avevo un progetto – è così che faccio la maggior parte delle cose, non c’è mai molta pianificazione dietro.

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Thirty Years, di Yashar Samimi Mofakham

E come lo gestisci? Che mi dici del tuo team?

Lo gestisco da solo, ma mio padre si occupa delle cose a livello amministrativo, che è un aiuto enorme. Per quanto riguarda l’editing, la gestione del sito e dei social media me ne occupo io. Detto ciò, abbiamo una rete di collaboratori in tutti gli angoli del mondo, senza i quali Reorient esisterebbe, ma su scala molto più piccola.

Io sono coinvolto in molti altri progetti e dedico la maggior parte del tempo a scrivere i miei libri. Quindi, in teoria, sono solo, ma ci sono molte persone dietro.

Sei nell’industria creativa e sei iraniano, quale pensi sia il più grande luogo comune sull’arte mediorientale, in particolare quella iraniana?

Purtroppo i pregiudizi esistono sia qui tra gli iraniani e altrove nella diaspora, sia tra i non-iraniani. In generale molte persone non sanno niente di cosa succede. L’altro giorno un tipo mi ha chiesto “Che cos’è l’arte contemporanea iraniana? Che tipo di arte fanno lì gli artisti? ” – che è come chiedere a qualcuno cosa fanno gli artisti americani. Ma che razza di domanda è?

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Mozaffareddin Shah, di @puriaroodbaran

Abbiamo tutti i tipi di artisti che fanno tutti i tipi di discipline, con tutti i tipi di mezzi. Non si può generalizzare l’arte iraniana in una frase, né incapsularla in un paragrafo. Sì, l’arte iraniana ha una storia enorme e gli artisti si basano su queste tradizioni, ma è uguale a tutto il resto mondo. Che cosa fanno gli artisti inglesi o francesi? È così generico. La domanda stessa è ridicola, non posso metterla in nessun altro modo.

Si può parlare di cosa succede nelle varie scene artistiche, degli artisti prominenti, ma alla fine sono semplicemente artisti e per caso sono anche iraniani. È la migliore spiegazione che posso dare.

Quindi cosa pensi debba essere fatto in questo senso per rendere gli iraniani ed i non iraniani più consapevoli di questa vasta scena artistica?

Io sto facendo la mia parte scrivendo di arte contemporanea iraniana e dell’Iran in generale, perché tutto quello che scrivo ha a che fare con l’Iran in un modo o nell’altro. Penso che sia una questione di esporre le persone a questi soggetti, l’esposizione è ciò di cui abbiamo bisogno altrimenti la gente non può venire a conoscenza di certe cose. È come il cinema iraniano: come ha mai fatto il mondo a conoscere il cinema iraniano? Sì, i film sono proiettati in giro, sono riconosciuti dalla Academy Awards. Ma alla fine se i critici non scrivono di questi film e i festival non li premiano, come possiamo aspettarci che le persone conoscano il cinema iraniano? Stesso con l’arte.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=9&v=NvdHmroup2A

Pensi che l’esposizione sia l’unico motivo o incidono anche altri fattori?

Abbiamo bisogno di più soggetti che promuovano l’Iran e la cultura iraniana in generale perché ci sono così tante idee sbagliate su questo paese e sulla sua gente che non si può mai essere in troppi a condividere gli sforzi e fare quello che io e altri fanno.

Ho un amico nel sud della Francia che ha istituito una fondazione chiamata Behnam Bakhtiar che sostiene l’arte contemporanea e la cultura iraniana. Noi teniamo regolarmente mostre private di arte iraniana qui in Canada, ma le istituzioni e le gallerie non sono molto aperte, sotto questo aspetto il Canada è veramente indietro. La gente qui dice che è un peccato che non ci sia modo di conoscere non solo l’arte iraniana, ma quella di altri posti in generale. Qui tutto è incentrato sul Canada e hanno un’idea ben precisa di cosa costituisce e significa l’aggettivo “canadese”.

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Same brow, different story, via instagram.com/vintagepersia

Ci sono così tanti artisti di origine iraniana qui, sono cittadini canadesi, sono stati qui tutta la vita, ma l’arte che producono non è considerata canadese. Credo che sia un problema enorme che deve essere risolto. Voglio dire, chi dice che arte canadese significhi arte cristiana-anglosassone?

Per esempio, Parviz Tanavoli, il più importante artista iraniano vivente, è anche canadese e divide il suo tempo tra Vancouver e Teheran. Tuttavia, non è riconosciuto come artista canadese, né la sua arte è considerata canadese. È scandaloso – è l’unico termine che posso usare – il Canada è un paese di immigrati, tutti vengono da qualche paese: Irlanda, Inghilterra, Scozia e così via. Dovremmo chiamarla arte irlandese o scozzese? Perché facciamo una distinzione tra loro e i cinesi-canadesi o gli iraniani-canadesi o gli armeni-canadesi? Sembra che passato un certo punto sulla mappa dopo l’Italia o la Bulgaria tutto diventi “medio-orientale” o “etnico” o qualsiasi altro termine vogliate utilizzare. È molto problematico e deve cambiare.

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Heech (Nothing), di Parviz Tanavoli

Tre artisti iraniani che lavorano in diversi campi che ci consigli?

In termini di arte visiva, adoro Parviz Tanavoli, l’artista che citavo prima.

Per quanto riguarda la musica, Freddy Mercury – era di origine iraniana, cosa che molte persone non sanno. Ricordo che da adolescente lo dicevo alla gente, ma al tempo non c’era internet né la possibilità di “googolare” le informazioni. Perciò tutti erano sempre sulla difensiva e dicevano che Freddy Mercury non poteva essere iraniano perché era troppo fico, ed era una rock star, eccetera. Quindi, sicuramente consiglio lui.

Per quanto riguarda la letteratura, il mio libro preferito di sempre è Mio Zio Napoleone di Iraj Pezeshkzad. È il romanzo iraniano più amato da sempre, e non è solo il mio preferito, soprattutto perché è stato trasformato in una serie televisiva negli anni ‘70 poco prima della rivoluzione. Tante persone amano la serie e non conoscono il libro, ma naturalmente è basata sul romanzo che un classico disponibile in varie lingue, si trova ovunque.

So che uscirà presto un altro libro, With My Head in the Clouds and Stars in My Eyes – Stories about Iran and elsewhere. Quali storie? Puoi dirci qualcosa di più?

Lavoro su questo libro da più di due anni, ma non ho cominciato con l’idea di scrivere un libro. Ho iniziato scrivendo storie molto personali e nel corso del tempo mi sono reso conto che avevano un filone comune e vari collegamenti. Così dopo aver scritto circa la metà di queste storie ho capito che stava diventando un libro e mia zia ed altri amici, con cui condivido i miei scritti, mi dicevano che erano come i capitoli di un libro, quindi così è stato.

Naturalmente, come suggerisce il sottotitolo, tutte le storie hanno a che fare con l’Iran poiché rifletto sulla mia identità iraniana. Ma c’è anche un pezzo su una mostra di arte araba contemporanea e un altro su un cantante marocchino e uno scrittore curdo proveniente dalla Turchia.

Altri progetti su cui stai lavorando al momento?

Il libro dovrebbe uscire durante l’estate e ho anche un piccolo volume di poesia che spero di far uscire nello stesso periodo. Poi sto lavorando ad un altro romanzo – uno è uscito lo scorso novembre, si chiama Coming Down Again e parla del rock’n’roll nel ventesimo secolo e dell’influenza della cultura iraniana e persiana su di esso. Quindi tante cose diverse, REORIENT, arte, letteratura e tanti altri progetti!

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Immagine di copetina | Iran, Iran, Iran, di Taravat Talepasand

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Sono una persona molto eclettica con un’ossessione per la musica e la sociologia. Nata e cresciuta in Italia, Londra è diventata la mia casa. Qui creo beat, ballo, canto, suono, scrivo, cucino e insegno in una scuola internazionale.