Herva | Creare Musica Da Una Funzione Matematica

In un mondo in cui non c’è più religione né mezze stagioni, sembrano non esserci neanche più la musica elettronica nel senso proprio del termine. La musica elettronizzata, ormai inascoltabile, opium popoli, cavalca le frontiere dell’intrattenimento spicciolo tra sintetizzatori usati a caso in ogni ritornello, balletti e cantautori che scrivono canzoni con il drop. La blasfemia pura – soprattutto se si guarda al mercato della musica italiano.
Insomma gli artisti di vero talento vanno veramente cercati con il binocolo e nei posti più improbabili. La campagna fiorentina ad esempio è un posto – dico sul serio – dove troverete uno degli artisti più originali e interessanti in circolazione.
Hervé Corti, in arte Herva, è un ingegnere elettronico e produttore, e quindi un inventore. Nonostante la sua giovane età, ha già una discografia invidiabile e il suo nuovo album HyperFlux uscirà il 24 Febbraio su Planet Mu.
Un approccio nerd e DIY, favorito da una passione di famiglia per “l’aggeggiare”, rende la sua musica e la sua inventiva un mix artistico come non se ne trovano.
Se pensavate fosse impossibile creare musica elettronica interessante e di qualità da una funzione matematica, leggete cosa ci ha detto Herva e immergetevi a pieno nel mondo dell’elettronica, veramente in tutti i sensi.
GRIOT: Su carta sei un artista maturo e pienamente formato, ma in realtà sei molto giovane! Raccontaci del tuo background e del tuo percorso artistico. Come, quando hai iniziato e perché?
Herva: Mentalmente ho tipo 40 anni, però sì, sono giovane! Ho iniziato a 11 o 12 anni! E prima suonavo la batteria con il mi babbo, che è un musicista pazzo, un grande. Per puro caso scaricammo l’installer di Fruityloops pensando che fosse un gioco forse. E così iniziai a sperimentare a caso, poi da dieci anni a questa parte ho iniziato a fare le cose più seriamente.
E poi come si è evoluto il modo in cui ti approcci alla musica e alla strumentazione?
Adesso uso di tutto, sia macchine che software. È strano ma ho un approccio molto DIY! La macchina a cui sono più affezionato è l’MPC 1000, ma molte cose me le sono costruite.
Ho lo studio accanto all’officina, perché il mi nonno lavorava nel settore della riparazione motori e quindi ho tutti gli strumenti, trapano a colonna, tornio, martelli robe varie. Quindi mi sono ritagliato questo spazio mio in cui costruisco la mia roba elettronica. Insomma è proprio tutto fatto in casa.
Questa cosa è molto curiosa! E spiegami come riesci appunto a mettere insieme questi due tue anime, la musica e l’ingegneria elettronica.
Dipende, magari voglio costruire qualcosa, oppure ho un progetto in mente con il quale poi faccio delle tracce, ma può anche essere il contrario! Vado in studio, voglio fare un pezzo e ci aggiungo suoni con qualcosa che è uscito dall’officina. È difficile da spiegare! In fondo passo poco tempo a fare musica di per sé, ma penso molto a come farla, ecco.
E come sei stato scovato? Come è arrivata la svolta nella tua carriera?
Dunque, è stata una serie di eventi fortuiti. Conobbi Dukwa su MySpace un sacco di tempo fa. Al tempo lui stava per uscire sulla Bosconi Records, un’etichetta di Firenze, e fece ascoltare la mia musica al capo. Gli piacque molto e inaspettatamente dopo il suo disco uscì il mio. Quindi è grazie a lui che ho avuto il primo contatto con un’etichetta. E dopo abbiamo creato il progetto Life’S Track eccetera.
Mi piace il fatto che i tuoi dj sets siano molto lo-fi, analogue-techno, house – che sono generi prodotti da tanta gente. Ma nei tuoi album si percepisce come tu sia in un mondo tutto tuo. Penso a Kila, il tuo precedente album su Planet Mu. Evidentemente non prendi poi più di tanto ispirazione dalla scena in cui sei, quindi da dove?
A me fondamentalmente piace costruire, inventare. Nei dj set mi diverto a suonare roba molto più techno o electro e ricercare generi diversi, anche sonorità molto più da dance floor rispetto a quello che faccio io. C’è da dire che adoro la techno e l’ho prodotta tanto, però quando sono in studio mi viene più naturale lavorare su cose più concettuali.
Mi piace concentrarmi sull’aspetto tecnico, ingegneristico, quindi il suono che ne esce è diverso di conseguenza. Però posso mettere un disco africano, o una roba new wave, alla fine faccio quello che mi va di fare e non ci penso penso più di tanto!
A proposito di dischi africani, tu sei italo-ivoriano. C’è Africa nella tua musica?
A volte sì, a volte no. Dipende sempre dal mood in cui sono. In passato facevo robe più afro, come nel mio album Kila. Ma da quando mi sono lanciato nel mondo in cui sono adesso la musica che faccio è molto più sintetica e meno organica.
Poi sono una persona che si annoia subito a fare sempre le stesse cose con la stessa strumentazione, perciò ci penso molto a come comporre. Anche solo ad esempio applicare una funzione a una traccia, vario sempre e mi diverto un botto!
Una funzione matematica???
Sì, penso molto in quel modo. Perché passando molto tempo a Ingegneria ad usare certi tipi di programmi o approcci sei improntato a pensare in quel modo. È una conseguenza naturale.
Con che musica sei cresciuto e come si è evoluto il tuo gusto musicale?
Mah, con Nirvana, Red Hot Chilli Peppers. Poi Frank Zappa, cose più metal tipo Slipknot e tutta altra roba che mi passava il mi babbo. Verso i 12-13 anni ascoltavo dischi storia, techno commerciale, roba tipo Tiesto, trance. Però poi mi sono iniziato ad avvicinare a sonorità più elettroniche.
Sempre per caso, un giorno andai in un negozio di musica in cerca di macchine e beccai questo commesso fogato di elettronica che mi fece conoscere Autechre, Aphex Twin e altri artisti Warp, Planet Mu eccetera.
Adesso invece ascolto generi molto vari, ultimamente anche tanta roba mia, a meno che non faccia selezione per i miei dj set.
Lavori anche su altri progetti come Life’S Track. Ne hai altri oltre a questo?
Sì lavoro anche ad altri due progetti. Tru West, insieme a Rufo, Mass Prod, Raffaele Amenta, che è un clarinettista – noi siamo i membri stabili diciamo. E facciamo roba che va dal noise alla sperimentale tipo wavy, è molto interessante!
E poi sono in un altro gruppo insieme a Mass Prod e Dukwa che si chiama Knobold ed è techno ignorante e basta! Ti diverti, accendi le macchine e passi una serata insieme! Perché appunto mi piace fare cose diverse e quando sono da solo è diverso e la gente si annoia se stai troppo a smaniare.
Parlami del tuo nuovo album, uscirà il 24 febbraio su Planet Mu. Qual è il concept e qual è stato il mood in cui lo hai creato?
Non c’è un concept. E questa è una cosa che mi sono reso conto mi chiedono in tanti. Ovviamente nessuna traccia è fatta a caso, diciamo sono idee che nascono dalla mia voglia di aggeggiare. L’album poi è pazzo e sicuramente è il mio disco più maturo e sicuramente quello di cui sono più soddisfatto, sia per quanto riguarda la realizzazione che il risultato finale.
Penso che chi avrà voglia di ascoltare l’album e “di farsi questo viaggio come me” – diciamo, – capirà come vado in studio e come faccio le cose.
Oggi come oggi, la gente si mangia un disco in venti secondi. Sono pochi quelli che se lo sentono tutto dall’inizio alla fine, ma secondo me non ti godi la musica se non stacchi il cervello. Quindi sì, consiglio di ascoltarlo senza fare multi-tasking allo stesso momento, stando su Facebook o leggendo la posta, come invece si fa di solito.
E che ci dici della cover? Perché gli specchi rotti?
Eh, non lo so, lascio a te l’interpretazione!
Mah… non lo so… esorcizzare la sfortuna? Tipo per invertire l’effetto?
Perché no! Alla fine l’importante è quello che ci vedi tu, quindi va bene! Comunque l’artwork è stato fatto da Jonathan Tegelaars, suggerisco a tutti di andarsi a vedere il suo blog perché è veramente incredibile. Ha fatto gli artwork anche di altri miei due dischi, Kila e HTMYO e mi piace tantissimo come artista.
Alla fine l’obiettivo è quello di colpire in qualche modo e con lui devo dire che da questo punto di vista sono soddisfattissimo.
Come vedi il tuo futuro e l’evoluzione della tua carriera?
Stare in studio è la mia più grande passione e da sempre ho proprio voluto unire la musica e l’ingegneria elettronica. Sinceramente non penso che la mia carriera sarà solo musicale.
Ovviamente mi piace fare serate e continuerò a farle, ma la mia carriera artistica appunto si esplica di più dal punto di vista del tempo che passo in studio e dell’inventiva, perciò in futuro vorrei proprio dedicarmi alla progettazione di hardware per rendere il risultato musicale ancora più interessante.
Potete incontrare Herva il 25 febbraio al Tenax insieme allo showcase Bosconi Record. Info evento qui.
Immagine in evidenza | Herva (c) Chiara Sinatt
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Sono una persona molto eclettica con un’ossessione per la musica e la sociologia. Nata e cresciuta in Italia, Londra è diventata la mia casa. Qui creo beat, ballo, canto, suono, scrivo, cucino e insegno in una scuola internazionale.