Gucci Si Fa Perdonare Da Dapper Dan Riaprendo Il Suo Atelier Ad Harlem

di Gaylor Mangumbu - Pubblicato il 08/01/2018
Dapper Dan nella campagna Gucci Cruise 2018 - Foto Gucci/©Glen Luchford

La scorsa settimana il producer Dj Khaled ha pubblicato sul suo profilo Instagram un video in cui mostrava gioiosamente due outfit realizzati su misura per lui dal sarto Dapper Dan. Sembrava quasi fossimo tornati negli anni ’80: sommerso dalla gioia, e pompato da una dose di ego tipica di certi ambienti hip hop, il dj nel breve video ha esaltato l’operato del couturier di Harlem, citando diverse volte anche il marchio fiorentino Gucci di cui, sui capi mostrati, spunta il riconoscibilissimo pattern con la doppia g accompagnato da una grande scritta Gucci.

Ma facciamo un passo indietro, anzi due. Nei mesi scorsi la faccia di Daniel Day, in arte Dapper Dan, ha troneggiato in diversi advertising del brand del lusso italiano. Negli scatti di Glen Luchford, l’ex sarto della golden age del rap si mostra impeccabile, e in posa, in outfit Gucci per le strade di Harlem per promuovere il servizio di tailoring del marchio con la doppia g.

Una mossa in realtà studiata ad hoc per rimediare alla magra figura andata in scena durante la presentazione della collezione Cruise Primavera/Estate 2018. Nel corso della sfilata, che si è tenuta a giugno 2017 a Firenze, il team creativo della maison capitanata da Alessandro Michele ha fatto indossare a una modella un capo praticamente identico a una creazione di Dapper Dan disegnata negli anni ’80 per la campionessa olimpionica Diane Dixon.

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A sinistra Diane Dixon con la giacca realizzata da Dapper Dan negli anni ’80. A destra il capo presentato da Gucci

Una gaffe che non è sfuggita agli occhi dei più attenti, suscitando subito reazioni scomposte ed accuse di appropriazione culturale, in primis proprio da parte della Dixon stessa che dal suo profilo social si era scagliata contro Gucci senza mezzi termini, onorando la creatività di mr Dan. Un polverone che il team dell’azienda fiorentina ha provato a minimizzare, parlando timidamente di un omaggio all’ex sarto dei rapper e alla sua creatività.

Successivamente è però spuntata un’intervista rilasciata al The New York Times dallo stesso Dapper Dan che, in maniera non troppo esplicita, ha ammesso di aver mediato con il brand del gruppo Kering, il quale ha successivamente scelto di finanziare la riapertura della sua boutique ad Harlem prevista proprio nei prossimi giorni: uno spazio lussuoso che riceverà su appuntamento nel bel mezzo “del ghetto”.

Ma la storia racconta che la storica boutique del dandy del hip hop fu chiusa nel 1992 in seguito proprio alla pressione di alcuni brand del lusso della 5° strada che non gradivano non solo il successo di Dapper Dan, e dei suoi “rip off” con i loghi di brand come Louis Vuitton, Fendi e lo stesso Gucci, ma soprattutto la sua clientela, composta principalmente da gangster, rapper, e dalle stelle emergenti dell’Nba.

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Daniel Day nella Dapper Dan Boutique mentre indossa i capi da lui reealizzati

Tutte persone con un aspetto ben distante dal target tipo di quel periodo, che per nulla al mondo volevano condividere lo stesso gusto estetico di chi frequentava il ghetto, o vi risiedeva, anche se arricchito. Le creazioni di Dapper Dan erano roba per ‘negri’ e rischiavano di allontanare l’interesse di una certa borghesia per questi marchi arrivati dall’ Europa e di cui poco si sapeva.

Oggi a quanto pare le cose sembrano essere cambiate, quella “roba” tutti la vogliono. La cultura hip hop seduce con una prepotenza e genera un seguito che ha sostituito il pop ed è più diretto del rock. L’hip hop è da molto il nuovo pop, nel vero senso del termine, e ha raggiunto una popolarità che ha sedotto Gucci.

L’apertura della nuova boutique, proprio in questo mese, arriva venticinque anni dopo la chiusura del 1992. Questo sì che è celebrare e rendere omaggio a un’icona che ha segnato il mondo della street culture, un uomo che per il mondo della moda è sempre stato visto come un impostore, almeno per quella che era la visione del fashion system in quegli anni.

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È impossibile crescere a Roma senza interessarsi all'arte, allora che fai? Studi tutto quello che la mamma crede sia sbagliato per te: Accademia di Belle Arti prima, e Moda e Costume dopo, incastrando nel mezzo la passione per le sneaker, il cinema,la fotografia, la musica e il gelato al gusto di mango.