Gli Afronauti Sono Per Sempre | La Lunga Eredità Culturale Del “Programma Spaziale Zambia”

di Eric Otieno Sumba - Pubblicato il 01/12/2020

Nel corto Afronauts (2014), della regista ghanese Nuotama Frances Bodomo, la diciassettenne Matha è stata scelta per essere la prima persona dello Zambia ad essere inviata sulla luna. Attraverso un rigoroso addestramento nell’ambito del “Programma spaziale Zambia”, gli Afronauti si stanno preparando a battere gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica per raggiungere lo spazio. Matha (Diandra Forrest) fa i conti con le aspettative e le responsabilità degli altri, mentre sua zia teme che venga semplicemente fatta saltare in aria. Sebbene narri essenzialmente della corsa allo spazio, Afronauts è ambientato nello Zambia degli anni ’60 ed è un’opera di finzione speculativa.

Nella campagna Kickstarter—conclusasi con successo—per la realizzazione di un lungometraggio di Afronauts, attualmente in sviluppo, si legge che Bodomo e il suo team erano “interessati a seguire i personaggi che non erano riusciti a trovare una casa sul pianeta terra e quindi erano più attratti dalla promessa della corsa allo spazio. Ci interessa parlare della mancanza di accesso alla scienza e delle diverse definizioni di progresso tecnologico.” In un’intervista del 2019, sempre Bodomo afferma che “la questione se Matha sia riuscita ad arrivare o meno sullo spazio è quasi irrilevante. Siamo più interessati a esplorare i miti dei giorni nostri: nella nostra coscienza collettiva , l’iconico luogo dell’atterraggio dell’Apollo 11 e l’importanza del mito in un’illuminata era di esplorazione scientifica.”

La vera storia del “Programma spaziale Zambia” degli anni ’60 è più strana della finzione. La vera Matha Mwamba fu arruolata da Edward Mukuka Nkoloso, un insegnante di scuola autoproclamatosi direttore della “National Academy of Science, Space Research and Philosophy” che non aveva affiliazioni con il governo dello Zambia. Un articolo su Time Magazine dell’ottobre 1964 affermava che “Nkoloso stava addestrando dodici astronauti dello Zambia, inclusa una formosa ragazza di 16 anni, facendoli rotolare dentro un barile di petrolio intorno a un albero e insegnando loro a camminare sulle mani.” Nel filmato di una sessione di allenamento che si trova su su youtube, il reporter inglese, visibilmente divertito, sottintende che Nkoloso e gli afronauti sono “un mucchio di pazzi”.

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Tuttavia, diversi accenni indicano che il programma era una copertura per la mobilitazione politica. Namwali Serpell, la scrittrice e accademica dello Zambia che si è imbattuta nella storia di Nkoloso nel film di Bodomo, ha svolto alcune ricerche i cui risultati sono illustrati in un’affascinante lettura sul The New Yorker Magazine (2017). “Forse la domanda non è se il Programma Spaziale dello Zambia fosse satirico, ma perché così poche persone hanno immaginato che potesse esserlo,” scrive. In un editoriale di Nkoloso del 1964, trovato da Serpell, lo Spazio appare come una metafora con cui critica il colonialismo britannico: “Abbiamo studiato il pianeta attraverso i telescopi presso il nostro quartier generale e ora siamo certi che Marte sia popolato da nativi primitivi,” scriveva Nkoloso. “Il nostro equipaggio missilistico è pronto. Matha Mwamba, una ragazza appositamente addestrata per andare sullo Spazio, due gatti (anche loro appositamente addestrati) e un missionario verranno lanciati nel nostro primo razzo. Ma ho avvertito il missionario che non deve imporre il cristianesimo alle persone, se non lo vogliono.”

Come disse il figlio di Nkoloso a Serpell, suo padre era un veterano della seconda guerra mondiale ben istruito e una figura chiave nella resistenza anticoloniale in Zambia. Ad esempio, per evitare di essere scoperti durante una ricerca di agitatori nella cintura di rame dello Zambia, intorno al 1948, Nkoloso, insieme ad altri sindacalisti, si travestì da donna. Dopo essere stato rimandato nel villaggio rurale di Luwingu per reprimere il suo attivismo, secondo quanto riferito usò la stessa strategia come intermezzo comico, avvicinandosi ai funzionari coloniali per chiedere di questo famigerato tipo Nkoloso, scatenando il divertimento di tutti. Fu nel 1957, a Luwingu, che co-organizzò una campagna di disobbedienza civile su vasta scala contro i colonialisti britannici.

Uno dei contemporanei di Nkoloso suggerì a Serpell che dopo il suo arresto e la tortura a Luwingu l’aveva perso. Per un periodo breve fu “rappresentante speciale” del presidente Kaunda, presso il Centro di liberazione africano, un rifugio e una macchina di propaganda per i movimenti anticoloniali africani. Ma alla fine fu escluso dal governo e tornò alla facoltà di giurisprudenza, vero i sessant’anni, laureandosi nel 1983. Nonostante ciò, stava lavorando come capo della sicurezza per un’azienda fuori Lusaka, come si evince in una delle sue ultime interviste prima della sua morte, nel 1989, e in quell’occasione fu attento a usare quel momento per parlare della sua “follia scientifica” dei viaggi nello Spazio.

Anche se non c’è nulla da guadagnare nell’idealizzare il “Programma Spaziale Zambia”, si perderebbe molto se l’eredità duratura di Nkoloso venisse banalizzata. Nell’ultimo decennio una nuova generazione sta trovando ispirazione nella sua convinzione che ci sia potere nella capacità di immaginare l’impossibile. Prima del film di Bodomo del 2014, e del romanzo di Serpell Old Drift (2019), il libro fotografico di Christina de Middel (2012) e il trailer del film (2013)con Pep Bonnetentrambi intitolati The Afronauts, si ispiravano agli afronauti di Nkoloso.

Anche se la qualità della ricerca e il grado di versione romanzesca variano l’uno all’altro, questi progetti rimangono gli unici archivi in cui troviamo registrata questa storia.

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Sono uno ricercatore e studioso di decolonialismo. Lavoro sull'intersezione tra giustizia sociale, politica, economia, arte e cultura. Amo leggere, ballare, andare in bicicletta e il capuccino senza zucchero.