Generation Africa | Ecco Cosa Dicono I Designer Africani Che Hanno Sfilato Al Pitti

Abbiamo aspettato qualche giorno, abbiamo atteso che si spegnessero anche i riflettori sulla settimana della moda uomo milanese [sì, ora c’è quella parigina] per presentarvi i quattro designer di Generation Africa, evento organizzato dall’ITC Ethical Fashion Initiative in collaborazione con Fondazione Pitti Discovery.

Anche in questa seconda edizione [la prima si è tenuta lo scorso giugno] sono scese in passerella le collezioni di quattro giovani brand africani, già conosciuti sul mercato internazionale: Lukhanyo Mdinigi x Nicholas Coutts, U.Mi-1, AKJP e Ikiré Jones.
Seduti in front-row, di fronte a noi si sono susseguite una serie di creazioni fresche, pulite, intrise di storia, storie e dettagli che strizzavano l’occhio non solo ai buyer ma anche ai giornalisti e critici presenti alla sfilata, a voler puntualizzare quanta ricerca, dedizione, passione e qualità ci siano dietro ogni singolo capo realizzato.

“È stato un viaggio duro ma allo stesso tempo stimolante. Io e Keith abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2013”, mi confessa Jody Paulsen, del duo sudafricano AKJP. “Generation Africa per noi rappresenta un movimento di designer africani contemporanei che realizzano capi dall’appeal più internazionale. In passato l’abbigliamento tendeva ad essere più tradizionale e questo ha portato ad una stereotipizzazione dei nostri prodotti.
Essendo giovani ed africani sentiamo la responsabilità di cambiare questa percezione, senza ovviamente perdere l’eredità della cultura in cui siamo cresciuti”, prosegue. “Stiamo provando ad espandere il brand in tutto il continente, in termini di produzione di vestiti e di accessori. Finora siamo riusciti a mantenere tutta la nostra produzione in Sudafrica ma vorremmo riuscire a stabilire delle connessioni con altri artigiani di altri paesi africani.
Abbiamo iniziato a lavorare con Ethical Fashion Initiative solo pochi mesi fa e speriamo che tutto questo movimento significhi mantenere la produzione nel nostro continente”.
In quest’edizione, accanto ai modelli professionisti, hanno sfilato tre richiedenti asilo provenienti dal Mali e dal Gambia, tra i 19 e i 27 anni. Persone arrivate in Italia sei mesi fa, dopo un estenuante viaggio in cui hanno attraversato il Sahara e si sono fatti più di 50 ore di mare. Ragazzi che prima di arrivare a calcare le passerelle di una delle fiere più importanti al mondo, facevano chi il commerciante, chi il contadino, chi il muratore.
Qualcuno potrebbe storcere il naso e pensare che un’azione del genere sia solo un mero tentativo di distogliere l’attenzione dalle reali soluzioni ad una crisi umanitaria internazionale senza precedenti, ma Simone Cipriani, ideatore e responsabile della ITC Ethical Fashion Initiative [NOT CHARITY, JUST WORK, recita lo slogan], ci tiene a precisare “Volevamo offrire una visione differente del problema richiedenti asilo in Europa e una soluzione pratica per affrontarlo. Stiamo mettendo a punto un progetto pilota, un centro di formazione per rifugiati e migranti, uno spazio che offrirà loro la possibilità di lavorare nell’industria della moda e di usare quanto appreso per creare una loro attività, se e quando torneranno a casa”.
“L’Africa oggi è uno dei poli più creativi e questo show conferma che i designer africani parlano d’arte, di vita e innovazione. Allo stesso tempo, siamo in un periodo storico in cui molti africani arrivano in Europa come migranti per questo crediamo in un programma che li metta nelle condizioni di lavorare nella catena di valore dell’industria della moda”, dichiara.

“Se prendo un richiedente asilo e gli metto un bel vestito addosso le persone hanno una percezione diversa, magari lo considerano al loro pari e non come un essere umano inferiore,” dichiara in un’intervista Walé Oyéjidé, fondatore e designer di Ikirè Jones, marchio che mixa l’estetica africana con opere d’arte classica di tutto il mondo e che nelle sue collezioni pone una forte enfasi sui problemi sociali che colpiscono gli immigrati e le popolazioni che chiedono asilo. “L’abbigliamento è solo un mezzo. Sono molto più interessato a queste questioni legate alla migrazione, ai confini che vengono attraversati.”
È già qualche anno che un folto stuolo di istituzioni, curatori, talenti africani e non, stanno ridefinendo il concetto di africanità e Africa nell’arte, nella moda, nella musica, nel cinema, nella letteratura, cercando di controbilanciare una comunicazione mainstream il più delle volte negativa e approssimativa, che enfatizza i demeriti piuttosto che i meriti.
“Generation Africa è una forza inarrestabile, è sete di creatività e impegno sorretti dalla nostra determinazione a voler avere successo. È una forza che spingerà i nostri governanti a riflettere, perché senza infrastrutture e supporto appropriati la creatività non può crescere. È anche un invito a riconoscere il contributo che stiamo dando e servirà a cambiare il modo in cui il mondo vede l’Africa. Gli africani sono sempre stati creativi e da sempre ispirano l’occidente – pensa a Picasso, Matisse, YSL, etc. Generation Africa è il futuro”, mi dice Gozi Ochonogor, fondatrice e designer di U.Mi-1, brand venduto nei più ricercati concept store di Lagos [a breve si potrà acquistare anche online]. “Crediamo che il nostro marchio possa essere apprezzato da tutte le persone che hanno stile, in Africa e nel resto del mondo”.
Il contributo di cui parla Gozi è sotto gli occhi di tutti. Alcuni esempi recenti? 1:54 art fair, [la prossima edizione si terrà a New Yor dal 6 al 8 maggio], tra le più importanti fiere di arte contemporanea che coinvolge gallerie di tutto il mondo, artisti africani e della diaspora, fondata dalla franco-marocchina Touria El Glaoui e organizzata da un team di quattro giovani professioniste. La mostra promossa dall’American Academy in Rome, Nero su Bianco, e gli eventi ad essa associati, che si è focalizzata sul tema dell’“Afro- italianità” e, più in generale, sui cambiamenti culturali e identitari che attraversano l’Italia in tema di integrazione. Resignifications, mostra della New York University in Florence che ha invitato artisti africani, americani ed europei a ridefinire il ruolo che arti visive, cinematografia, letteratura e musica svolgono nella costruzione della visione del ”black body” nell’immaginario della cultura occidentale. Spostandoci in Africa, in Nigeria abbiamo il Lagos Photo Festival, acclamatissimo festival internazionale di fotografia che punta a creare una comunità per la fotografia contemporanea capace di unire artisti locali e internazionali attraverso immagini che racchiudano esperienze individuali e le identità di tutto il continente africano.
“Voglio creare opportunità di lavoro e promuovere l’Africa con tutte le mie forze. Credo molto nel mio continente e mi piacerebbe collaborare con altre aziende e artigiani per dar vita a capi di qualità e gusto. Ogni designer ha portato in passerella qualcosa di nuovo e fresco e ha contribuito a ridefinire il concetto di moda africana “, mi dice Nicholas Coutts, giovane designer sudafricano che ha cominciato a disegnare e produrre tessuti nel 2013 e che viene da una famiglia di artigiani esperti nella tessitura a mano.
Il suo partner al Pitti, Lukhanyo Luyolo, ha creato la sua label solo un anno fa. Ha avuto l’opportunità di lavorare con diversi creativi tra i quali Nicholas, che considera “un tessitore e designer di estremo talento, con un’estetica realmente radicata alle sue radici africane.”
“Rafforzando Nicholas sono riuscito a rafforzare anche me stesso. È diventato il partner ideale per intraprendere questo viaggio: creare una nuova e grande storia contemporanea per l’Africa attraverso l’uso di tessuti e capi di ottimo design”, mi dice .“Vedi, collaborare con tutti questi creativi non solo mi ha spinto a fare del mio meglio ma anche ad usare la moda come strumento per valorizzare in maniera positiva il mio paese [il Sudafrica – ndr]. Intendo usare queste esperienze per ispirare quelli che verranno e arricchire il panorama creativo e artigianale dell’Africa.”
“È arrivato il momento di far brillare l’Africa. C’è un’incredibile ondata di marchi africani che usano un nuovo approccio per comunicare il design, l’estetica e l’identità africana. Generation Africa è questo.”
Immagine in evidenza | Courtesy of AKJP // Nico Krijno – Tutte le altre immagini | Giovanni Giannoni
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Arti visive, performative e audiovisive, cultura, musica e viaggi: vivrei solo di questo. Sono curatrice e produttrice culturale indipendente e Direttrice Artistica di GRIOTmag e SPAZIO GRIOT, spazio nomade che promuove la sperimentazione multidisicplinare, l'esplorazione e la discussione.