Eravamo Regine E Re | Siamo Stati Alla Mostra Di Zohra Opoku ‘We Were Queens And Kings’

La personale di Zohra Opoku, We Were Queens and Kings – Eravamo Regine e Re, che chiuderà alla fine di ottobre, è un’altra piuma che l’artista aggiunge al suo cappello (o forse sarebbe meglio dire che è un altro diamante nella corona dell’artista, visto che stiamo parlando di regine e re.)
We Were Queens and Kings rappresenta una tappa importante nella crescita di Opoku ma anche nella scena artistica ed espositiva di Accra (Ghana) in generale. È la sua seconda personale ad Accra nel giro di due anni (la prima si è tenuta nel 2016, nella galleria Gallery 1957,) ed è curata dalla super celebrata curatrice Nana Ofariatta Ayim (ve ne abbiamo parlato qualche tempo fa.)
Allestita negli spazi della Galleria Ano, a Osu, Accra (Ghana) la mostra intercetta già l’occhio del passante che passeggia per strada, Lokko road, invitandolo ad approfondire lo sguardo, ad avvicinarsi a quelle grandi finestre aperte su una stanza vestita di tessuti, legno e fotografie, i materiali usati in questa particolare installazione. Ma dopotutto non sorprende molto, visto che l’artista ha studiato moda e nel suo precedente lavoro ha spesso mischiato vari media all’interno di uno spazio riempito di opere (come alla fiera 1:54 Contemporary African Art Fair di Londra, 2016, e nella mostra Future African Visions of Time, a Nairobi, 2017.)
In We were Queens and Kings la Opoku sembra usare vari pezzi indipendenti l’uno dall’altro ma la connessione è palpabile. In una delle gallerie, i pezzi colorati di una struttura di legno appesa a un muro riappaiono infatti su un largo drappo appeso al muro. Le trame dei pezzi di legno si sovrappongono alle immagini che sono state stampate sul telo.
Nella seconda galleria, le fotografie di Zohra Opoku vengono presentate su un muro, circondata da pezzi di legno dipinti con diverse fantasie. Questa struttura si interrompe non appena uno si volta e vede strisce di tessuto appese a una delle grandi finestre della galleria. Sullo sfondo, la vita a Lokko road continua a scorrere normalmente.
Nel suo lavoro Opoku collega le culture tessili e la storia africana utilizzando i tessuti in tutte le loro forme: dai tessuti di alta qualità a quelli più generici e diffusi, come il cotone, utilizzato per la produzione di magliette e lenzuola, ai tessuti vuoti e stampati, o tinti in tanti colori diversi.
La Opoku in precedenza ha riconosciuto il ruolo del design nel suo lavoro, e non è difficile vedere questa influenza mentre si gira per la mostra. La combinazione di colori, di tessuti, di forme e immagini, in alcuni lavori sembra arbitraria in altri molto calcolata. In un pezzo in particolare, l’attenzione al dettaglio rivela però che non vi è nulla di casuale. I frammenti tessili appesi alla finestra sono disposti secondo colori e persino sfumature e hanno l’obiettivo di comunicare una direzione particolare senza distrarre però lo spettatore dall’interezza (la spazialità) del pezzo.
La galleria acquista un’aria molto tranquilla e silenziosa grazie all’installazione. In particolare, in una galleria i pezzi esposti assorbono gran parte del suono circostante e si rimane attratti dal silenzio che permette al visitatore di entrare in connessione con il lavoro dell’artista. Nell’altra galleria, anche se un unico drappo copre tutta la lunghezza del muro, l’opera non si impone in maniera troppo prepotente.
Il drappo bianco e nero di tanto in tanto viene esteticamente filtrato da trame in scala di grigio, da immagini e azzurro e rosso. Inoltre, il tessuto con il vento oscilla dolcemente, permettendo l’esperienzadi immergersi con il lavoro dell’artista.
L’atmosfera contemplativa invita a pensare al ruolo dei tessuti negli spettacoli e nella vestizione dei regnanti, soprattutto in Ghana dove il Kente e altre stoffe la dicono lunga sullo status sociale di una persona.
Finita la mostra, si resta con una domanda in testa: i tessuti possono mediare la grandezza reale e definire il nostro essere Regine e Re, qui ed ora, nel presente?
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Sono uno ricercatore e studioso di decolonialismo. Lavoro sull'intersezione tra giustizia sociale, politica, economia, arte e cultura. Amo leggere, ballare, andare in bicicletta e il capuccino senza zucchero.