Coordinamento Antirazzista Italiano | “Siamo Ancora In Piedi”

A seguito dell'omicidio di Alika Ogorchukwu, il Coordinamento Antirazzista Italiano interviene con una riflessione più approfondita ed intersezionale indirizzata alle istituzioni, ai media, ai movimenti femministi e queer di persone bianche, invitando inoltre il paese a partecipare alla manifestazione di sabato 06 agosto 2022 a Civitanova, a fianco della comunità nigeriana.

di GRIOT - Pubblicato il 02/08/2022

L’omicidio di Alika Ogorchukwu ha dimostrato, per l’ennesima volta, la mancanza di valore del corpo Nero all’occhio della comunità occidentale. Le testate nazionali hanno riportato la vicenda usando le consuete tecniche di narrazione tossica che privano le persone razzializzate di dignità e rispetto. “L’ambulante”, “il nigeriano”, “il clandestino”: questi sono alcuni dei termini con cui Alika Ogochukwu è stato definito dai media italiani, senza preoccuparsi nemmeno di fornire un nome e una identità.  Questo è il linguaggio mediatico, imbevuto di immaginari coloniali e razzisti, con cui si definisce il corpo Nero, menzionato solo in relazione a sbarchi o crimini e i cui tratti personali e individuali vengono cancellati. Gli incessanti toni allarmistici e ansiogeni di questa narrazione contribuiscono alla costruzione di stereotipi che influenzano l’immaginario collettivo, le cui conseguenze implicano per le persone Nere e razzializzate situazioni di terrore, violenza e morte. Usando una lente intersezionale, ci sono vari aspetti in questa vicenda che meritano particolare attenzione poiché alla base del razzismo strutturale in Italia. Non si tratta solo di razzismo infatti: questioni di genere, classe, salute mentale e disabilità, unite a idee di razza, formano un’intricata tela di oppressione strutturale che colpisce una certa parte della popolazione.

Al momento dell’arresto, l’assassino di Alika Ogorchukwu ha dichiarato di aver voluto difendere la propria compagna da “apprezzamenti”, poi smentiti dalla donna stessa. Questo presunto “istinto” di protezione verso la propria compagna, ha ricevuto sostegno da coloro che, prima della smentita, già affermavano con spavalderia  “se l’è cercata Ogorchukwu, poteva evitare il commento”. Quegli stessi uomini che fanno fatica a condannare la violenza sessuale in quanto “scaturita” da gonne “troppo corte” o tacchi “troppo alti” (come se l’abbigliamento di una donna possa giustificare in qualche modo una violenza). Commenti e reazioni simili, da parte di certi uomini bianchi, rendono esplicite le dinamiche tossiche del patriarcato in cui viviamo: cultura del possesso, strumentalizzazione del corpo femminile, criminalizzazione e violenza nei confronti di uomini non bianchi.

Il possesso dei corpi femminili, e la violenza che su di essi l’uomo bianco può infliggere impunemente, è un’eredità di matrice coloniale e schiavile, in cui il corpo dell’uomo Nero è costruito come potenzialmente pericoloso e dunque da domare, da sorvegliare, da punire, da mutilare. In tutto ciò, è solo la violenza sulle donne bianche quella che viene immediatamente rilevata e vendicata, poiché i corpi delle donne Nere e razzializzate, storicamente non hanno rivestito, e non rivestono tuttora, la stessa importanza (nella piantagione o in colonia, lo strupro, per esempio, era un crimine che solo le donne bianche potevano denunciare a differenze delle donne Nere, i cui corpi schiavizzati erano considerati merce).  L’archetipo delle donne bianche viste come il ‘sesso debole’ o ‘principesse da difendere’ non solo infantilizza questi corpi ma produce simultaneamente la demonizzazione degli uomini Neri, ignorando la violenza compiuta sulle  donne Nere. Questa triplice costruzione semantica, che viene sfruttata sistematicamente per giustificare violenza razziale e di genere, mette in luce lo stretto legame tra genere e razza. Per questo è essenziale che i movimenti femministi e queer formati da persone bianche ci affianchino in questa lotta intersezionale che ci coinvolge tuttǝ.

Ricordiamo anche che Alika Ogorchukwu era un venditore su strada di fazzoletti e piccoli accessori, ed è stato ucciso su quello che può essere definito il suo posto di lavoro. Il commercio su aree pubbliche in Italia è un settore in cui molti lavoratori non italiani sono confinati in condizioni precarie, anche a causa dalla segregazione razziale del mercato che costringe persone provviste, o meno, di permesso di soggiorno, a rimanere ai margini del sistema economico capitalista, svolgendo lavori in condizioni pericolose, a prescindere dalla formazione e dal titolo di studio conseguito nei paesi di origine e disconosciuto dalla legislazione italiana. Senza diritti né tutele, il lavoro autonomo di commercio su strada è una strategia che permette di sottrarsi all’ipersfruttamento di altri settori del lavoro razzializzato; allo stesso tempo, però, è anche il segno visibile di una carenza di politiche di sostegno all’inserimento nel mercato, tanto più per persone razzializzate e  disabili, e dell’assenza di serie politiche strutturali contro la disoccupazione e la povertà. Tali condizioni strutturali ricadono sulla generazione dei figli e delle figlie, sulle loro possibilità future di mobilità sociale e sul loro destino di classe. La narrazione mediatica che riduce l’essere umano a un uso, pregno di classismo, del termine “ambulante”, si aggrava di abilismo utilizzando un termine in contraddizione con le condizioni fisiche di Alika Ogorchukwu che aveva perso l’autonomia nel deambulare. La condizione economica già precaria della famiglia Ogorchukwu, è ora ulteriormente danneggiata dalla morte di Alika, andando a ricadere sulla moglie e sul figlio di 8 anni a suo carico.

Alla vicenda di Alika Ogorchukwu si aggiunge un altro tema: quello della disabilità. Il tasso di occupazione dei lavoratori disabili in Italia risulta essere tra i più bassi d’ Europa. Ogorchukwu è stato una vittima anche dell’abilismo sistemico, per cui in Italia solo 3 persone disabili su 10 riescono a trovare un impiego, e, nell’effettivo, lo Stato italiano non è ancora in grado di sopperire a un grave problema di disoccupazione delle persone disabili, che solamente ricevendo la pensione di invalidità non sono in grado di dare il minimo sostegno economico per salvaguardare la propria famiglia. Questa vicenda ci dimostra il totale fallimento dello Stato italiano nel riuscire ad aiutare una famiglia che, con un familiare disabile, necessita di un sostentamento maggiore.

Alla luce di tutto ciò chiediamo:

  • Il riconoscimento della matrice razziale che vedrà il nostro costituirci parte civile come persone razzializzate.
  • La presa a carico delle istituzioni e della politica delle responsabilità dirette e indirette.
  • Che il mondo dell’informazione italiana inizi ad adeguarsi a una comunicazione corretta e a validare le vite Nere partendo dal rispetto di nomi e cognomi di origine non occidentale.
  • La rimozione del video dell’omicidio, che alimenta da un lato la pornografia del dolore e dall’altro il trauma della comunità Nera italiana.
  • Chiediamo ai movimenti femministi e queer di persone bianche di stare al nostro fianco, di denunciare l’utilizzo strumentale dei nostri corpi e la violenza maschile che viene riprodotta nei confronti di maschilità subalterne e razzializzate.
  • Il riconoscimento della violenza maschile all’interno delle minoranze (Saman Abbas, Agitu Ideo Gudeta).
  • Chiediamo che le istituzioni intervengano a tutelare economicamente la moglie di Ogorchukwu rimasta vedova, a partire dal farsi carico delle spese di un funerale che sarebbe un’aberrazione far ricadere su di lei.
  • Da figlie e figli di immigrati chiediamo una concreta strutturazione di un sistema di welfare, per non dover crescere in una totale condizione di precarietà e violenza classista.
  • Rivendichiamo lo Ius Soli per il figlio di Alika e per tutte e tutti coloro che sono nati e cresciuti in Italia da persone immigrate o che vi risiedono da tanti anni.
  • Chiediamo una modifica delle procedure di riconoscimento dei titoli di studi, perchè l’iter divenga più agile e accessibile.
  • Chiediamo a tutti i sindacati di mobilitarsi in nome dell’ennesimo lavoratore morto in assenza di diritti in questo paese.

Perché, nonostante tutto, noi rimaniamo in piedi.

INVITO ALLA MANIFESTAZIONE DI SABATO 6 AGOSTO 2022
A CIVITANOVA A FIANCO DELLA COMUNITÁ NIGERIANA

Partenza del corteo
Ore 14.00 dallo Stadio Comunale in Lungomare Sergio Piermanni (Civitanova), con arrivo sul luogo del delitto.

Spostamenti per Civitanova

da
Roma, Verona, Padova, Bologna, Napoli, Firenze, Milano e Torino, organizzazione del Coordinamento Antirazzista Italiano

Per donare alla famiglia Alika:
Intestazione a: Charity Oriakhi
IBAN: IT85N0200869201000106469918
BANCA: Unicredit, filiale di Tolentino (MC)

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