Bellezza Italiana | La Copertina Di Vogue Italia Con Maty Fall Non è Solo Una Copertina

Maty Fall Diba è il volto della nuova copertina di Vogue Italia. Immortalata dal fotografo Paolo Roversi con indosso un voluminoso abito-camicia bianco di Valentino (lo styling è di Ib Kamara), acconciatura bantu-knots, la modella tiene stretta a se l’Italia, mentre a destra campeggia a chiare lettere la scritta italian beauty. Bellezza italiana. Un’asserzione potente, quasi sfidante, nei tempi in cui viviamo. Per questo motivo venerdì scorso, quando ho visto girare sui social l’immagine, sono andata in edicola e ho comprato subito la rivista: mi interessava vedere, leggere, approfondire.
Dedicato alla bellezza italiana, l’editoriale contenuto nel numero 834 ha per protagoniste, oltre a Maty Fall Diba, sei modelle italiane con e senza altre origini: Caterina Ravaglia, di Ravenna; Malika El Maslohui, di padre marocchino e madre italiana; Greta Varlese, italo-tedesca; la veneta Martina Boaretto, e Stella Roversi. Ma è alla fine del magazine che trovo quello che cercavo. In un’intervista raccolta in due pagine, intervallata da altri splendidi scatti della Fall, si scopre di più sulla neo-modella senegalese-italiana, che espone, con la naturalezza di chi è appena diventata maggiorenne, la sua vita e quotidianetà.
Cresciuta con madre, sorelle e fratelli a Ouest Foire, appena fuori Dakar, Maty Fall Diba è nata in Senegal il primo maggio 2001. Arriva a Chiampo, in provincia di Vicenza, nove anni fa, per raggiungere il padre, in Italia da ventisette anni. Frequenta il quarto anno di liceo ed è diventata cittadina italiana al compimento dei 18 anni, si legge nell’intervista. A maggio 2019 la madre decide di portarla in un’agenzia di modelle. A settembre dello stesso anno Pierpaolo Piccioli la sceglie per chiudere la sfilata SS20 di Valentino, per il quale è scesa in passerella anche lo scorso gennaio. Ed è nella loro conversazione che ritoviamo l’italian beauty di copertina.
In tutta l’intervista non si citano direttamente le lotte per la cittadinanza, non si puntano i riflettori sugli 841.719 alunni senza cittadinanza presenti nelle scuole italiane (307mila dei quali nati in Italia). Né l’intervistata, né l’intervistatore lanciano appelli diretti alla politica affinché modifichi la 91/92, la famosa legge sulla cittadinanza per la quale molti italiani senza cittadinanza e altri individui e realtà associative sono scesi in piazza negli ultimi anni. Eppure la sua presenza e la sua storia rivelano questo. Usando un linguaggio sottile e diretto.

L’identità, il senso di appartenenza a uno o più mondi, sono processi complessi che attraversano diversi spazi di lotta, non solo quelli interiori, o quelli più direttamente o idealmente connessi a essi. La natura fluida, mutevole e poliedrica dei concetti stessi di identità e appartenenza rende abbastanza naturale, organico, trovare altre sponde, anche all’interno di quelle strutture di potere e classe, come l’industria della moda, che ogni giorno modellano questi concetti attraverso l’uso dell’immagine, producendo cambiamenti reali, sia in positivo che in negativo. Ne abbiamo parlato poche settimane fa nell’intervista al curatore di The New Black Vanguard, Antwaun Sargent, legata alla nuova avanguardia di fotografi neri che stanno ridefinendo il vocabolario estetico—ma anche sociale e culturale—del mondo della moda, al cui centro c’è il corpo nero. Così come al Photo Vogue Festival.
Certo, non basta. E non possiamo pensare che una sola copertina o un editoriale con approfondimento possano risolvere la questione della rappresentazione delle diversità e inclusione nell’industria dei media e in altri territori, o produrre quei cambiamenti sociali che hanno urgente bisogno di risposte solide e concrete in termini di diritti, soprattutto se si pensa che nella stessa giornata in cui è uscito questo storico e importante numero di Vogue, su un autobus di Milano, in pienissimo giorno, un ragazzo italiano, nero, dopo aver ricevuto insulti a sfondo razziale da parte di due donne, si è trovato una pistola puntata in faccia.
Sono ancora molte, e profonde, le lacune da colmare all’interno di questo paese, così come nel mondo della moda e in tanti altri ambienti. Ma è importante restare vigili, creare e mantenere i nostri spazi, e allo stesso tempo accogliere e cercare di lavorare con queste aperture, per accompagnare, migliorare e normalizzare il corso attuale e futuro della nostra società.
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Utlimo aggiornamento | Mercoledì 12.02.19
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Arti visive, performative e audiovisive, cultura, musica e viaggi: vivrei solo di questo. Sono curatrice e produttrice culturale indipendente e Direttrice Artistica di GRIOTmag e SPAZIO GRIOT, spazio nomade che promuove la sperimentazione multidisicplinare, l'esplorazione e la discussione.