AKAA Also Known As Africa | Rendez-vous A Parigi Con L’arte Contemporanea Africana

Le 30 gallerie e i 123 artisti esposti dall’11 al 13 novembre in occasione di AKAA, Also Known As Africa, hanno fatto diventare il Carreau du Temple di Parigi un vero e proprio tempio dove arte e cultura si sono incontrate dando vita a un incredibile spettacolo di forme e colori.
Per questa prima edizione – in realtà doveva tenersi l’anno scorso ma gli attentati ne hanno posticipato l’apertura – in cui Orange è stato il partner ufficiale dell’evento, abbiamo incontrato alcuni artisti, tra cui Siaka Soppo Traoré, vincitore del premio «Orange Artiste Numérique».
Siaka Soppo Traoré – “Dance Ce…” (2016)
Siaka Soppo Traoré, rappresentato dalla Galerie MAM e dalla Fondation Donwahi, è un artista e fotografo nato in Cameroun che lavora e vive in Senegal.
Trasferitosi per volontà dei propri genitori, ha studiato ingegneria civile. Vedendolo un grande appassionato di disegno durante gli anni passati in Togo, a Lomé, il padre decise di fargli prendere lezioni private di pittura e in seguito, con il primo lavoro come ingegnere, Traoré si comprò la sua prima macchina fotografica. Inizia così il suo viaggio nel mondo della fotografia.
In quegli anni Siaka iniziò a praticare anche la capoeira e l’hip-hop, discipline che gli diedero la possibilità di avvicinarsi ad alcune delle crew più conosciute in Senegal, come gli Extrème Bboy e la Mère Noir, con le quali iniziò a collaborare. “Era un privilegio per me avere accesso a queste persone difficilmente raggiungibili e diffidenti, ma soprattutto era un onore per me promuovere il loro lavoro, che amo. AKAA mi ha dato la possibilità di vincere questo premio ma anche di conoscere altri artisti molto validi.”
Joana Choumali – Hââbré – The Last Generation (2013)
Joana Choumali è una fotografa nata ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Dopo aver studiato graphic design in Maroccco, inizia subito a lavorare come art director per un’agenzia di advertising, per poi proseguire come fotografa. Con la serie Hââbré diventa conosciuta, esponendo a Photoquai nel 2015 e quest’anno ad AKAA. I ritratti mostrano persone che portano sui loro volti i segni della «scarification», una pratica africana che consiste nell’incidere la pelle.
Questo rituale segnava il passaggio all’età adulta di alcuni gruppi ristretti e poteva essere effettuato con una pietra, un vetro, un coltello o un qualsiasi oggetto contundente purché lasciasse un segno indelebile, a differenza del tatuaggio che è stato sostituito perchè non era ben visibile sulle pelli scure.
Cicatrizzandosi, la pelle creava un motivo che determinava l’appartenenza o lo stato sociale di alcune tribù. Monsieur Salbre, immortalato in queste immagini, ha 72 anni, fa il giardiniere ed è un appartenente della tribu Bissa, del Burkina Faso. Alla fotografa ha raccontato “Ora sono in pensione. Ero molto giovane al tempo e non voglio che i miei figli vivano tutto questo. Noi siamo l’ultima generazione a portare questi segni sul volto. Non troverai persone sotto i 40 anni che hanno queste scarificazioni sul viso.”
La serie nasce dall’esigenza di documentare questa pratica, che le ricorda il luogo in cui è nata. Le persone, come il conducente del bus che la portava a scuola o il costumista del villaggio, indossavano sui loro volti i segni di questo antico rito.
Yuri Zupancic – “Silicon Mountain” (2016)
Yuri Zupancic è un artista di origine americana interessato e ossessionato dagli effetti della tecnologia sull’ambiente.
In un momento in cui si domandava dove andassero a finire tutti gli oggetti che diventano rapidamente vecchi, Zupancic ha iniziato a riflettere sul fatto che anche oggetti molto piccoli accumulandosi potevano diventare strutture molto grandi.
Dal 2004 le sue opere parlano di oggetti digitali e la sua casa è diventata un enorme deposito dove colleziona hi-tech di ogni tipo.
Silicon Moutain è una struttura formata da oggetti digitali riciclati che, modellati e dipinti con un pennello ad un solo ciglio, creano delle vere e proprie montagne d’arte. “La mole di questi rifiuti per me rappresenta il potere, l’invenzione e gli effetti di una società che va veloce, troppo veloce spesso per capire e riflettere” dice.
Rappresentato dalla galleria KO21 di Parigi, Zupancic conta di partire presto con un progetto molto grosso in Africa.
Kamel Yahiaoui – “Enfant Soldat” (2013)
Kamel Yahiaoui è un artista algerino interessato alla condizione umana, ai drammi che colpiscono l’ambiente e alla nostra società. Quella che lui definisce “la memoria dell’immediato presente” è legata alla sua memoria ancestrale e lavora sulle tracce del futuro.
Le sue opere raccontano diverse tematiche e drammaturgie del mondo. “La mia arte non ha nazionalità, perché tutto quello che tocca il mondo tocca anche me. AKAA è una straordinaria opportunità per gli artisti africani di esprimersi senza bisogno di intermediari. Gli artisti cominciano a scrivere finalmente la propria storia,” dice Kamel. “AKAA ci ha permesso di raggiungere un pubblico più ampio, dandoci la possibilità di dare voce a certe problematiche del nostro paese dove spesso la libertà di opinione è limitata. Per la prima volta, la Francia possiede una grande comunità africana dove si svolge un grosso evento di arte plastica contemporanea. È importante che la nostra storia venga conosciuta e scritta da noi, non solo da un punto di vista artistico ma anche umano. Questa fiera d’arte valorizza gli artisti africani che possono finalmente vivere della propria arte, cosa non facile. Le opere sono vendute al loro prezzo reale in collezioni private e gli artisti esposti non sono delle celebrità ma persone che stanno iniziando a muoversi nel loro campo. Si può dire che AKAA ha superato un limite.”
Amani Bodo – “Bodo Dans Ses Oeuvres” (2015)
Esposto per la prima volta alla Fondation Henri-Cartier Bresson per l’arte contemporanea nel 2015, Amani Bodo, originario di Kinshasa, Congo, è rappresentato dalla galleria Angalia.
È la prima volta che partecipa a una fiera e mi racconta che questo evento gli ha permesso di allargare i propri orizzonti e conoscere il lavoro di altri artisti che non conosceva. “Non abbiamo tutti lo stesso stile, ma una cosa ci accomuna: la nostra cultura,” mi dice. I quadri di Amani sono un omaggio al padre, creatore e fonte di ispirazione dei personaggi fantastici raffigurati nei suoi dipinti, che si contraddistinguono per la loro bocca a forma di becco di uccello.
Nel suo mondo cosmico e surreale, nel quale spesso si rappresenta con i suoi strumenti di lavoro mentre cerca di scalare il successo, e grazie al suo sottile humour politico e sociale, tutto è possibile. “Inizio con lo sfondo, poi faccio uno schizzo con un gesso bianco ed infine dipingo.”
Immagine in evidenza | Dans Ses Oeuvres (2015) Amani Bodo
Su un aereo a 12.000 m di altitudine o in mare a 40 m di profondità. Mai con i piedi per terra. Costruisco geografie emotive dei luoghi in cui vivo e ho vissuto. Fotografa di professione, curiosa nel tempo libero. Ho imparato a mettere la mia vita dentro una valigia. Mi muovo come una piuma, l'elemento più resistente in natura. Papà italiano e mamma brasiliana hanno dato vita a un'inguaribile pesci.