Ady Fidelin | La “Musa Nascosta” Di Man Ray Prima Modella Nera Ad Apparire Su Una Rivista Di Moda Americana

Succede sempre. Una bella e giovane donna decide che vuole diventare una modella e chiede a un fotografo amico di scattarle qualche primo piano. Ottant’anni fa questi eventi presero una svolta diversa però, inusuale. Questo perché la bella donna in questione era nera e il fotografo era il suo amante Man Ray. E poi una di quelle fotografie approdò nel numero di Harper Bazaar di settembre 1937, facendo di lei la prima modella di colore ad apparire in una delle più importanti riviste americane di moda.
La storia inizia a Parigi, intorno al 1936, quando una giovane ballerina della Guadalupa di nome Adrienne Fidelin incontrò Man Ray. Lui aveva 46 anni e, a giudicare dalle foto di lei del tempo, lei avrà avuto tra i 20 e i 25 anni. Una bellezza incantevole, allegra, Fidelin – che era conosciuta come Ady – divenne amante, modella e musa di Man Ray.
Le circostanze esatte del loro incontro, come anche molti altri dettagli della sua vita, rimangono ancora oscure. Quello che si sa è che lei ballava con una compagnia francese che aveva legami con Guadalupa e che i due erano inseparabili. Fidelin incontrò Man Ray all’apice del movimento surrealista e fu subito circondata dalla sua cerchia di artisti e scrittori amici.
Incontrò, fece amicizia e andò in vacanza con Pablo Picasso e Dora Maar, Paul Eluard e sua moglie Nusch, Max Ernst e Leonora Carrington e Lee Miller e Roland Penrose.
Nella sua autobiografia, Man Ray descrive come il gruppo le diede il benvenuto, fatto confermato dalle decine di istantanee e ritratti artistici di Fidelin a casa in compagnia dei suoi nuovi amici freneticamente creativi ed edonistici.
Non è chiaro quando Fidelin cominciò ad aspirare a fare la modella, ma a giudicare dalla naturalezza che mostrava di fronte all’obiettivo di Man Ray e dalla sua capacità nell’interpretare qualsiasi ruolo lui le chiedeva di interpretare, è dal 1937 che la sua bellezza era pronta per i rotocalchi.

In quegli anni Man Ray viveva di fotografia e lavorava per un buon numero di riviste americane. Fu uno dei fotografi di punta di Harper Bazar. L’editore di Bazaar, William Randolph Hearst, vietava le fotografie di modelle nere nella rivista – una posizione molto comune in quel periodo.
Ma l’esuberante direttore della rivista, Carmel Snow, trovò piacere nello sfidare Hearst sulla questione razziale (quello stesso anno Snow commissionò delle fotografie che ritraevano la cantante d’opera Marian Anderson.)
È difficile sapere che ruolo svolse la decisione di Snow nel caso di Fidelin, eppure in qualche modo la sua foto finì nel magazine.
Come suggerisce la studiosa di Man Ray, Wendy Grossman, le fotografie si ispiravano a una mostra di copricapi del Congo Belga che Man Ray aveva visto a inizio primavera alla Galerie Charles Ratton di Parigi. Quattro fotografie furono selezionate per un servizio a doppia pagina intitolato “Il Bushongo dell’Africa manda i suoi cappelli a Parigi.” A sinistra c’erano tre immagini di donne bianche, accompagnate dai testi di Paul Eluard; la foto di Fidelin riempiva l’intera pagina destra.

Anche se le foto erano tutti dei primi piano, è difficile non notare come Fidelin occupasse più spazio nella pagina accanto. Grossman sottolinea che Fidelin “non indossa gli abiti occidentali come le altre modelle, ma è addobbata con gioielleria africana e mostra la sua pelle nuda. Questi marcatori culturali della sua diversità conferiscono un’aria esotica e sessualizzata all’immagine, enfatizzata dalla classica posa seducente che con il braccio dietro la testa invitava ad andare da lei.”
Il fatto che fosse feticizzata come “diversa”, in aggiunta al suo rapporto con Man Ray, ha senza dubbio giocato un ruolo nel rompere la barriera del colore. Forse sono meno evidenti il ruolo che giocarono la carnagione chiara di Fidelin e il fatto che non fosse per questo vista dalla redazione come realmente nera. Era dei Caraibi dopo tutto e parlava francese; cioè, non era una nera americana. Tuttavia, Fidelin non apparve più in nessun’altra rivista di moda.

Le strade di Fidelin e Man Ray si separarono nel 1940, quando lui, durante l’occupazione nazista, decise di lasciare la Francia per gli Stati Uniti [era ebreo,] mentre lei scelse di rimanere a Parigi per prendersi cura della sua famiglia. Più avanti si sposò e l’ultima cosa che si sa per certo è che ballava in un club Negro sugli Champs-Élysée.
Solo negli anni del dopoguerra le modelle nere inziarono ad apparire con una certa frequenza nelle riviste di moda. Ma anche allora apparivano quasi esclusivamente in pubblicazioni guidate da neri, come Ebony, fondato nel 1945.
L’industria della moda americana era particolarmente riluttante ad usare modelle nere. Le prime a intraprendere con successo questa strada, tipo Dorthea Towles Church, dovevano scappare a Parigi per ottenere lavoro. Vogue non mise mai una modella nera in copertina fino al 1974, anno in cui apparve Beverly Johnson. E Naomi Sims, considerata la prima top model nera, iniziò a fare la modella solo dal 1967.
Man Ray, nato Emmanuel Rudzitsky (Philadelphia, 27 agosto 1890 – Parigi, 18 novembre 1976), è stato un pittore, fotografo e grafico statunitense esponente di spicco del Dadaismo e Surrealismo, nato da una famiglia di immigrati russi di religione ebraica.
Questa storia è stata pubblicata per la prima volta su T:The New York Times Style Magazine il 25.02.2007, con il titolo “Yo, Adrienne”. In accordo con l’autrice del pezzo, Sala Patterson, abbiamo deciso di pubblicarla su GRIOT. Due settimane fa l’autrice è stata a Guadalupa ed è apparsa in una trasmissione locale di Canal 10. In questa occasione ha parlato della biografia culturale che lei e la storica Wendy Grossman stanno scrivendo su questa “musa nascosta” di Man Ray e la loro storia interrotta. Se volete sapernde di più potete scrivere a Sala Patterson.
Sala Patterson
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